Contrasto grave emarginazione adulta

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La rottura delle relazioni con i propri cari è una costante delle storie di vita delle persone accolte dai servizi dedicati alla Grave Emarginazione Adulta. È questo quello che emerge dall’osservatorio di ASP Città di Bologna che nei primi 8 mesi del 2017 ha registrato un totale di 2.494 persone che hanno usufruito di questi servizi, la grande maggioranza uomini (81%). L’80% delle persone incontrate si sono allontanate dalla famiglia rompendo legami e relazioni, avendo alle spalle una situazione pregressa di fragilità: perdita del lavoro, della stabilità economica e della casa. C’è chi ci finisce una sola volta nella vita, chi saltuariamente e c’è chi, invece, in strada ci vive tutti i giorni. Dai dati raccolti dall’osservatorio emerge che alcune delle persone senza dimora hanno un lavoro che comunque non permette loro di usufruire di situazioni abitative stabili e autonome. E questo essenzialmente per tre motivi principali: perché il lavoro è stato ottenuto da poco, perché le entrate economiche non sono sufficienti al mantenimento di una casa o perché si tratta di persone straniere. Nella vita di strada si registrano differenze rispetto al genere: per le donne l’esperienza risulta essere saltuaria (per le collaboratrici domestiche o per le donne che fanno le badanti è il tempo che trascorre tra la morte di un anziano e l’ottenimento di un nuovo incarico familiare), mentre tra gli uomini è più cronicizzata. Tra le persone senza fissa dimora è aumentato anche il numero delle persone richiedenti asilo o protezione internazionale, che vivono in totale assenza di una rete familiare di riferimento (solo il 31% dei senza fissa dimora è di nazionalità italiana). Nei centri notturni e nei dormitori sempre più spesso si assiste all’ingresso di uomini che si allontanano dal nucleo familiare di origine oppure uomini sposati di cui però mogli e figli sono stati inseriti in comunità madre-bambino perché, in assenza di strutture specifiche, non è stato possibile accogliere l’intero nucleo familiare. Vi accedono anche donne espulse dalle famiglie acquisite o donne che hanno avuto l’allontanamento dei figli minori e che hanno gravi condizioni economiche. Tratto da ASPNEWS 4_2017. Scarica il pdf di ASP NEWS 4/2017
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Superare l’approccio assistenziale e quello a gradini (costituito da benefici progressivi) che ha spesso caratterizzato le attività di sostegno rivolte agli adulti che vivono una situazione di disagio e di povertà, per far posto a un aiuto costruito “dal basso” partendo dall’ascolto dei bisogni delle persone. Questo è il cambio di passo voluto nei servizi dedicati al contrasto della Grave Emarginazione Adulta, che dal 2008 sono gestiti da ASP per conto del Comune di Bologna. Un diverso paradigma d’azione che ha portato gli operatori coinvolti ad un cambiamento culturale e di prospettiva, passando da un lavoro per le persone senza dimora ad un lavoro con loro, cercando di stimolare le loro capacità e le loro competenze e mettendole nella condizione di poter fare ciò che desiderano. Un’anticipazione di quanto previsto dalle “Linee nazionali di Indirizzo per il Contrasto alla Grave Emarginazione Adulta”, uscite qualche anno dopo, in cui parte di queste esperienze sono confluite. Questo nuovo approccio è stato sperimentato per la prima volta in un centro notturno di accoglienza del Piano Freddo del 2010- 2011, in cui gli operatori sociali cercarono di mettere al primo posto i percorsi di vita delle persone accolte, offrendo loro una possibilità di scelta (accettare o meno il posto letto, o scegliere un centro invece che un altro), in contrasto, talvolta, con un’altra visione del servizio che limita l’intervento all’offerta del posto letto e alla conseguente azione di riduzione del danno. I cambiamenti hanno coinvolto tutti i servizi, disegnandone di nuovi, come quelli in risposta ai bisogni valutati indifferibili e urgenti o il servizio cittadino di housing first, che attualmente ospita circa 80 persone, uomini e donne, prevalentemente in coabitazione in stanze singole, ma non solo, come nel caso delle coppie. L’idea non è semplicemente mettere a disposizione una casa, ma partire da questa per iniziare a costruire una relazione di fiducia e di benessere. Le persone con o senza dimora sono state coinvolte, inoltre, all’interno dei laboratori di comunità, spazi sociali rivolti a tutti i cittadini, in cui costruire una rete di relazioni significative e in cui partecipare e costruire attività ed eventi, anche a fini commerciali e di autofinanziamento attraverso la creazione di start-up. Spazi di qualità dove poter sviluppare l’empowerment di comunità. Questi progetti (finanziati grazie ai fondi europei del PON Metro e PON Inclusione) vogliono dare una risposta ad alcuni bisogni specifici, come la tutela delle relazioni nate in strada, sia di coppie eterosessuali che omosessuali, o di relazioni mantenute nonostante la strada (fra amici o parenti); la tutela di ragazzi neo maggiorenni e dei giovani che si trovano a vivere in strada, perché in uscita dalle comunità per minori stranieri non accompagnati oppure perché in attrito con le famiglie d’origine, o ancora per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere o perché soffrono di un grave disturbo psichiatrico. Esempi che permettono di capire la complessità racchiusa in un fenomeno poco conosciuto e spesso semplificato in una categoria stereotipata che, invece, chiede un intervento professionale capace di leggere il fenomeno, in costante cambiamento, in termini di bisogni e aspirazioni e dare delle risposte che hanno nella casa soltanto un punto di inizio. a cura del Servizio contrasto alla grave emarginazione adulta. Tratto da ASPNEWS 4_2017 Scarica il pdf di ASP NEWS 4/2017
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