Quando si parla di persone senza dimora si tende a pensare più spesso al genere maschile, dato che rappresenta la maggioranza in termini di quantità. Eppure anche le donne rientrano in questa categoria e non tutti sanno che le storie più drammatiche, in termini di abusi e maltrattamenti, riguardano proprio la sfera femminile.
Focalizzando dunque l’attenzione all’ambito femminile homelessness, dove, come abbiamo detto, il fenomeno vede numeri percentualmente inferiori rispetto al genere maschile, emergono con forza alcuni aspetti strettamente collegati al genere. Tra questi indubbiamente risaltano le condizioni individuali e sociali date dal contesto culturale nelle quali le donne si trovano e che influiscono negativamente sullo stato di salute di queste ultime. Va detto anche che il sistema dei servizi per homeless si è spesso sviluppato in modo da rispondere più che altro alle esigenze dello stereotipo della persona senza dimora di sesso maschile, dimostrando una carenza di attenzione rispetto allo studio ed all’elaborazione di prestazioni adeguate per il corrispettivo femminile.
Vediamo dunque quali sono state le misure adottate per sopperire a queste lacune e in che modo le donne senza dimora possono essere aiutate in base alle loro esigenze e difficoltà.
Le difficoltà che incontrano le donne senza dimora
Nel background delle donne senza dimora, si annoverano con preoccupante costanza alcune difficoltà che poi incidono notevolmente lungo il percorso di vita di queste persone.
Ecco quali sono le difficoltà che vengono maggiormente riscontrate dalle donne senza dimora:
- percorsi migratori traumatici
- violenze fisiche o psicologiche intra o extrafamigliari e avviamento alla prostituzione
- abbandono nell’età dell’accudimento
- deprivazione culturale ed affettiva
- contesti di provenienza attraversati da devianza e criminalità
- discriminazione per l’orientamento sessuale
- dipendenze
- fragilità psichiche e disturbi dell’apprendimento non diagnosticati tempestivamente
- infortuni sul lavoro
- contrazione di malattie invalidanti e/o croniche
- percorsi di istituzionalizzazione
Come sanare questo problema alla radice
Appare chiaro quindi come queste determinanti sociali sino ad ora descritte, inneschino conseguenze difficilmente reversibili, impattando in modo importante sui costi sociali.
A ciò si intreccia la difficoltà di poter accedere a misure di protezione ed intervento dedicate alla complessa condizione quando si tratta di donne in gravidanza. Una tale fotografia richiama pertanto un’agenda che si occupi specificamente di studiare il fenomeno e di individuare dispositivi efficaci di risposta.
Le sperimentazioni attive, con particolare riguardo alla condizione femminile, si concentrano su alcuni fulcri tematici, proprio per cercare di aiutare tali donne in contesti di difficoltà. Tra queste sperimentazioni ecco quali sono le più efficaci:
- intervento e prevenzione della violenza domestica(intercettazione precoce dei segnali, inserimenti in appartamenti protetti)
- azioni sull’ambiente, anche comunitario di appartenenza (progetti rivolti agli uomini violenti, ai membri del contesto famigliare o di vita)
- formazione e imprenditoria sociale femminile(acquisizione competenze e valorizzazione delle risorse interne ed implementazione delle stesse per consentire l’inserimento nel mondo del lavoro
- dispositivi sanitari orientati ad un approccio che faciliti l’accessoe la compliance attraverso competenze socio-culturali specifiche sulle quali si basa la relazione medico-paziente
In sostanza sono due le parole chiave che riassumono tutta questa serie di attività: salute e genere.
La prima indica la necessità di strategie orientate alla cura e alla “medicina di genere” nel rispetto e valorizzazione delle differenze che contraddistinguono gli uomini e le donne. La seconda rappresenta lo stile di vita, a cui i servizi sociali devono essere chiamati per ambire ad un miglioramento della condizione della persona. E questo obiettivo può essere raggiunto attraverso una particolare attenzione all'alimentazione, all'attività fisica, all'educazione sessuale e affettiva e alla genitorialità. La capacità, dunque, di accogliere la persona nella sua interezza.
I servizi messi in campo da ASP Città di Bologna per le donne senza dimora
In questo contesto si è mosso immediatamente il Comune di Bologna che, attraverso ASP Città di Bologna, ha dedicato una intera struttura all’accoglienza delle donne in strada: Madre Teresa di Calcutta. Il servizio in questione ha come mission le attività di accoglienza e assistenza, finalizzate alla valorizzazione delle capacità e potenzialità delle persone accolte.
Nello specifico, esso è rivolto a donne adulte sprovviste di altre possibilità abitative in città o in provincia che si trovano in condizione di grave disagio sociale. Queste persone, segnalate dai Servizi Sociali Territoriali,dal Servizio Sociale Bassa Soglia, dai servizi dell’AUSL Città di Bologna, se supportate e accompagnate, potranno attivare percorsi di crescita personale e maturazione di abilità individuali necessarie per conseguire piena autonomia.
Il servizio agisce con azioni mirate e orientate alla responsabilizzazione della persona e alla sua de-istituzionalizzazione. La persona potrà vedere valorizzate e promosse le sue capacità, partecipando così in modo proattivo al suo percorso di crescita.
Le azioni, inoltre, si orientano al coinvolgimento della comunità nel quale il servizio è inserito. Dove per “coinvolgimento” si intende la capacità di attivare risorse personali per la risoluzione dei problemi, nonché la creazione di reti e relazioni tra tutti i soggetti attivi sul territorio.
Obiettivo generale del servizio è la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, mirata a coloro che vivono situazioni di vita particolari, attraverso un’accoglienza prolungata e un lavoro di comunità svolto negli stessi luoghi.
Gli obiettivi specifici sono definibili in questa maniera:
-
Garantire l’accoglienzain grado di dare risposta a specifici bisogni espressi a partire da particolari situazioni di vita, esaltando aspetti di responsabilizzazione della persona e di riduzione della sua istituzionalizzazione
- Rigenerare e rinsaldare i legami sociali e territoriali, per promuovere inclusione e coesione sociale attraverso il rilancio ed il rinnovamento del lavoro di comunità.
Il Riparo “Madre Teresa di Calcutta” (situato in Viale Felsina n°68) è una struttura di accoglienza H24 dedicata ad un'utenza femminile adulta. Vi possono accedere donne adulte italiane e straniere (massimo 19 donne comprese tra i 18 e i 65 anni), in possesso di regolare documento di riconoscimento e permesso di soggiorno, che versano in condizioni di esclusione sociale, estrema povertà e senza dimora.
Va anche detto che nelle altre strutture presenti sul territorio bolognese, sono disponibili ulteriori posti a disposizione delle donne senza dimora. Attualmente infatti le donne accolte nelle strutture di accoglienza sono 84 su 391 persone accolte complessivamente, cioè il 22% del totale.
Esse sono accompagnate al fine di essere in grado di partecipare attivamente alla gestione della struttura stessa; in particolare si richiede attenzione alla percezione degli spazi, alla consapevolezza del vivere sano e allo sviluppo di autonomie personali e relazionali.
Non sono poche le difficoltà da superare, ma per queste donne, che nella vita hanno passato vicende assai complicate, la possibilità di essere accolte in strutture simili rappresenta una grande possibilità di riscatto.
Pubblicato il 7 luglio 2020