Una delle domande che spesso viene posta ad operatori e volontari di ASP riguarda il ruolo che una città come Bologna ha nei confronti delle persone in carcere. In particolare viene chiesto se è vero che Bologna possa essere considerato un territorio particolarmente ricettivo per questa “categoria” di persone.
 
Una domanda a cui non è semplice rispondere in prima battuta. Ed è proprio per questo motivo che abbiamo voluto porla a nostra volta ad Antonio Ianniello, Garante dei diritti alle persone private della libertà personale, per avere un suo parere in merito nonché una risposta esaustiva a questo quesito tanto dibattuto.
 
Bologna è davvero vista come un territorio particolarmente ricettivo per le persone piu’ fragili?
 
A questo proposito, appare chiaro che tale supposizione sia collegata ad un dato storico legato alla città di Bologna. Il Garante sottolinea, infatti, come a Bologna le amministrazioni abbiano sempre provato a trovare la via più opportuna e percorribile per garantire centralità al ruolo del volontariato e del sociale, valorizzandoli sapientemente anno dopo anno.
 
Non a caso, storicamente, tutte le direzioni delle case circondariali di Bologna hanno metabolizzato il fatto che il carcere di Bologna dovesse essere aperto e creare spazi di aggregazione all'interno di esso. 
 
Appare inequivocabile pensare che senza il contributo del volontariato il carcere della Dozza assumerebbe un altro aspetto .  Il Garante ha inoltre sottolineato come, nei limiti del suo mandato, egli cerchi  di mantenere la comunicazione costante sia con tutte le associazioni di volontariato che con i singoli volontari che entrano in carcere. 
 
Èdunque importante che Bologna abbia questa consapevolezza come città e che, laddove si presenti l’opportunità di presentare un progetto esterno con una logica ben precisa, quest'ultimo venga valutato e abbia la possibilità di fare breccia tra le mura del carcere.
 
Come smuovere la coscienza di un cittadino scettico
 
Altro tassello delicato, a nostro avviso, è quello di avere a che fare con un cittadino scettico rispetto a questa linea di pensiero. Capita spesso, infatti, di avere a che fare con bolognesi che criticano l’operato del carcere e, per cercare di smuovere la coscienza di questi cittadini, dunque, il Garante sostiene che bisogna fare leva sul fine ultimo della Dozza, ovvero il reinserimento degli ex detenuti in società.
 
Secondo Antonio Ianniello bisognerebbe infatti far capire ai cittadini che per una persona reclusa il momento detentivo deve avvenire  in condizioni decorose e ricco di contenuti rieducativi. In questo modo il detenuto può utilizzare  il momento della detenzione per cogliere opportunità di partecipare ad  attività; acquisire competenze lavorative e professionali; e può inoltre investire su se stesso, come primo investimento in termini di prevenzione alla recidiva. 
 
Èproprio quando un ex detenuto acquisisce determinati strumenti utili al corretto reinserimento in società più adeguato, che la pena assume un vero valore e si dice che ha rispettato il mandato istituzionale. 
 
Questo proprio perché la persona, rispetto al suo ingresso in carcere, non solo è uscita con dignità, ma anche con più strumenti a suo favore per non cadere verosimilmente in nuovi atti di recidiva.
 
Pubblicato il 17 novembre 2020