E' ormai chiaro da più parti che le politiche sociali debbano uscire dai confini della mera assistenza per garantire il benessere delle persone in stato di bisogno ma, più complessivamente, della comunità locale; per questo occorre investire maggiormente sul sostegno e sullo sviluppo delle capacità personali e sociali, promuovendo la coesione sociale e la solidarietà.
Nell’ambito delle strutture di accoglienza per adulti senza dimora, è in corso in questi mesiuna sperimentazione volta alla responsabilizzazione e attivazione delle persone temporaneamente accolte all’interno dei vari centri di accoglienza notturna gestiti da Asp Città di Bologna.
Il progetto prevede che gliospiti dei centri contribuiscano con lacifra simbolica di un euro al giorno; chi ha una forma di entrata certificata paga in denaro, chi non ne dispone restituisce lo stesso importo in ore di volontariato da svolgere presso il centro stesso, oppure presso i diversi laboratori all’interno di alcune strutture diurne dedicate alle persone con stile di vita tipico della strada, o ancora da svolgersi presso associazioni del territorio.
Questa richiesta non si applica ai servizi di accoglienza a bassa soglia e neppure nelle strutture attive nell’ambito del Piano Freddo del Comune di Bologna, in quanto si tratta di prestazioni minime di sollievo e tutela della vita umana che rispondono a diritti fondamentali, non assoggettabili a vincoli, a richiesteead impegni.
L’obiettivo è quellodi responsabilizzare le persone nella cura dei propri luoghi di vita, affinché le strutture di accoglienza diventino sempre più delle dimore e vengano vissute dalle persone che temporaneamente le abitano come tali.
Questa progettazione si inserisce nella nuova metodologia di lavoro proposta ai servizi sociali territoriali, che si richiama al modello del “Lavoro di Comunità e punta a individuarespazi di azione in cui impiegare le persone temporaneamente ospiti delle strutture di accoglienza, affinché possano essere e sentirsi risorsa e non solo destinatari di interventi pubblici di assistenza.Un percorso che vede la collaborazione stretta tra i vari soggetti istituzionali e non nel monitorare le necessità di ogni contesto.
Nello specifico, ogni persona ha il proprio progetto individualecostruito insieme alle équipeeducative che hanno il compito di lavorare sull’attivazione di interessi e desideri del singolo, sulla sua capacità di immaginarsi in un contesto diverso.Successivamente, vengono individuate attività e realtà del territorio in grado di soddisfare queste richiesteavviandocircuiti relazionali e fiduciari positivi, in ambienti diversi da quelli tipici della vita di strada.Per gli ospiti è un’occasione importante per riattivare competenze in base aciò che uno vuol fareoimparare, e per sperimentarsicirca la tenuta di fronte ad impegni o richieste.
Quanto raccolto dalla contribuzione è a disposizione delle singole strutture di accoglienza perché possano acquistare materiali per proporre laboratori, strumentazioni, oppure per fornire rimborsi (pasti, biglietti dell’autobus) acoloro che sono impegnati in attività sul territorio.
Nel patto educativo che la persona sottoscrive è specificato che la sua non partecipazione alla contribuzione (sia in forma economica o volontariato) non porta all’espulsione dal servizio, ma la revisione del progetto di accoglienza.
Dopo i primi mesi di sperimentazione, i riscontri da parte delle équipe educative e degli stessi ospiti sonopositivee ciò fa ben sperare per il proseguimento del progetto nella direzione tracciata, in favore di una maggiore responsabilizzazione degli utenti al fine di evitare cronicizzazioni e promuovere percorsi verso livelli di autonomia sempre maggiori.
Tratto da Mosaico News - periodico di informazione dell'ASP Città di Bologna - n°3-2014