Il fine principale del carcere, lo abbiamo sempre detto, è quello di far sì che i detenuti possano essere reinseriti a pieno in società e che possano quindi diventare una preziosa risorsa per la città.
Nel carcere della Dozza ci sono diverse figure che si adoperano ogni giorno per raggiungere questo obiettivo. Alcune le avevamo già illustrate negli scorsi articoli, ma c’è una figura di cui ancora non vi avevamo parlato: l’operatore Cefal. In questo post, dunque, vogliamo fare chiarezza sul suo ruolo in carcere e far capire quali sono le difficoltà che si possono riscontrare durante il reinserimento in società dei detenuti.
Di cosa si occupano gli operatori Cefal
Cefal Emilia-Romagna nasce con l’intento di coniugare l’esperienza nella formazione, nella consulenza e nell’orientamento al lavoro con lo sviluppo di servizi diretti al territorio e alle dinamiche sociali che lo interessano. Gli operatori Cefal sono coloro che in carcere si occupano principalmente di detenuti, in particolare della loro inclusione lavorativa in alcuni progetti finalizzati ad un reinserimento corretto e graduale nella società.
Si tratta di un percorso per il recluso che può prevedere sia la formazione in aula sia tre mesi di tirocinio, ma che in alcuni casi può prevedere solo il tirocinio. Gli operatori inizialmente incontrano i detenuti e propongono loro determinati percorsi, scelti in base alle capacità e alle attitudini di ciascuna persona. E la particolarità è che i percorsi che vengono proposti non solo garantiscono la possibilità di percepire 150€ al mese (ovvero l’indennità), ma prevedono inoltre la possibilità di essere assunti in azienda, una volta terminato il tirocinio. È chiaro che l’azienda non è mai obbligata ad assumere i tirocinanti ma in passato vi sono stati alcuni casi di successo che hanno trovato possibilità di assunzione dopo il percorso di tirocinio.
Mediamente è un processo che si verifica una o due volte su dieci, ma quando ciò accade è naturale che sia un successo.
La collaborazione con ASP Città di Bologna
L’unione con ASP Città di Bologna - Servizio Grave emarginazione adulta avviene attraverso una prassi che si è istituita nel corso degli anni, instaurando una modalità proficua per entrambe e proseguendo con la persona in questione il più possibile.
Si è deciso di adottare questa modalità di lavoro perché se nell’ambito del sociale non si lavora insieme, difficilmente si raggiungono gli obiettivi preposti e il rischio di fallimento è all’ordine del giorno.
Le difficoltà che si incontrano in carcere
La difficoltà più grande che gli operatori Cefal riscontrano nel proprio lavoro è certamente il pregiudizio, non solo dei cittadini ma delle aziende con le quali si cerca di collaborare. Come abbiamo anticipato precedentemente, è difficile trovare aziende disponibili per i tirocini e ad assumersi la responsabilità di inserire nell’organico un ex detenuto.
Quando gli operatori Cefal cercano un'azienda idonea per l'inserimento di un detenuto circa 1 azienda su 30 è disposta a collaborare. Molto spesso se la persona in questione è straniera la difficoltà é maggiore. Purtroppo le diffidenze sono ancora tante.
L’elemento positivo è che quando gli operatori Cefal individuano un’azienda disponibile vuol dire che all’interno di questa azienda ci sono persone eccezionali. Infatti accade che diverse aziende si facciano carico del reinserimento del detenuto nella società con grande accoglienza e disponibilità.
Continueremo a parlare dei percorsi di tirocinio per i detenuti e dei settori più appetibili nei prossimi articoli, aggiungendo nuove informazioni e dettagli molto interessanti. Per cui restate sintonizzati e non perdetevi le nuove pubblicazioni.
Il fine principale del carcere, lo abbiamo sempre detto, è quello di far sì che i detenuti possano essere reinseriti a pieno in società e che possano quindi diventare una preziosa #risorsa per la città.
Pubblicato il 18 agosto 2020