L’evento Abitare i Confini, che si è svolto su piattaforma digitale tra il 14 e il 16 dicembre, ha portato alla luce una serie di tematiche socio culturali davvero significative e che nei prossimi mesi, attraverso vari articoli, ci teniamo ad approfondire.
 
La primissima tematica che è emersa dal convegno online riguarda l’intervento di Francesco d’Angella, Consulente e formatore presso lo Studio di Analisi Psicosociologica di Milano, il quale ha affrontato in prima battuta il concetto di resilienza trasformativa.
 
Cosa si intende per resilienza trasformativa
 
Per spiegare in maniera chiara ed efficace questo concetto, d’Angella fa riferimento a Utopia Sostenibile, il libro dell’economista Enrico Giovannini, all’interno del quale si parla del nostro momento storico e di come le persone stiano affrontando, al giorno d’oggi, uno shock traumatico. 
 
Proprio di fronte a questo shock della nostra esistenza le persone hanno due strade a disposizione. La prima è dettata dalla paura, cioè della conservazione, ovvero dalle istituzioni che preservano ciò che già hanno. Oppure esiste un’altra strada e possibilità che si può percorrere, ovvero la resilienza trasformativa.
 
Dunque, in questo caso si parla sia di resilienza, dove per “resilienza” si intende la capacità di reggere gli urti ad eventi traumatici senza spezzarsi, una capacità solitamente adattativa. Ma al concetto di “resilienza” Giovannini associa il termine “trasformativa”, che ha la seguente valenza: nei contesti di lavoro e all’interno dei contesti di cura educativa bisogna poter agire una trasformazione
 
La vera sfida di questo periodo, quindi, è quella di attuare una resilienza che non sia più adattativa e statica, ma trasformativa e in continuo movimento, così da resistere ai diversi shock che le persone subiscono quotidianamente.
 
Competenze e strumenti che bisogna mettere in campo per attuare una resilienza trasformativa 
 
La domanda che ci si pone a questo punto è: con quali competenze e capacità possiamo vivere in questo mondo? 
D’Angella risponde anche a questo quesito, proponendo una costellazione di 8 strumenti grazie ai quali è possibile attuare la resilienza trasformativa.
 
1- Il primo strumento concerne il fatto di entrare profondamente in un’ottica di contemplazione del mondo, facendosi interpellare da esso. Una filosofia che già sosteneva Hannah Arendt, la quale sosteneva come sia importante abitare le storie di sofferenza, lasciandosi interpellare dalla complessità di queste storie.
 
2- La seconda competenza, che d’Angella riprende da Claudio Magris, riguarda il vedere l’invisibile nella realtà, ovvero scorgere delle pieghe della realtà che noi non vediamo. Uno strumento determinante per chi lavora con le marginalità e con le storie di fragilità, perché spesso la ripetizione della cronicità ci impedisce spesso di vedere quello che abbiamo di fronte.
 
3- La terza competenza viene ripresa invece dal filosofo francese Castoriadis, che sostiene come abitare i confini implichi un processo di decolonizzazione della mente. Con questa affermazione si intende uscire dai propri schemi, dalle proprie convinzioni e credenze, per raggiungere obiettivi diversi e innovativi, per i quali valga la pena vivere.
 
4- La quarta capacità è quella della creatività e abitare i confini vuol dire essere creativi, dando dignità al lavoro sociale. 
 
5- Ma per abitare i confini bisogna essere anche ospitali del mondo. Non a caso l’ospitalità e il fatto di tenere sempre la porta aperta rappresenta la quinta capacità espressa da d’Angella per attuare la resilienza trasformativa. In città, infatti, le porte non sempre rimangono aperte per i soggetti più fragili, per questo tale trend deve essere invertito puntando sull’ospitalità e sulla bontà delle persone.
 
6- Saper coltivare le speranze coincide con la sesta competenza che suggerisce d’Angella attraverso le parole di Martha Nussbaum. In un clima così di incertezza come quello che stiamo vivendo oggigiorno, è importante non rimanere attanagliati dalla paura, che porta alla chiusura verso il prossimo, ma bisogna coltivare le speranze. Questo perché senza una speranza non esiste una possibilità concreta di futuro.
 
7- Settimo strumento, sempre sostenuto dalla Nussbaum, riguarda il fatto di poter usare i propri sensi, poter pensare e ragionare avendo la possibilità di farlo in modo umano e ragionato. Le persone, dunque, devono essere in grado di utilizzare il pensiero in forte connessione con l’esperienza, il quale produce opere ed eventi scelti autonomamente.
 
8- Ultima competenza proposta da d’Angella riguarda il fatto di riscoprire l’agire politico, ovvero essere attori e autori di politica. In questo senso abitare i confini serve per abitare la politica e per abilitare un agire politico, pubblico e dei diritti.
 
Nelle prossime settimane analizzeremo altri interventi dell’evento Abitare i Confini, mettendo in luce diverse tematiche attuali relative alla sfera socio culturale. Non perdete dunque gli aggiornamenti in merito!
 
Pubblicato il 5 gennaio 2021