E' notte, sto dormendo, mi sveglia un rumore, una specie di fruscio... è ghiaia lanciata contro la mia finestra.

Il primo ad alzarsi è mio padre, che va a vedere cosa sta succedendo.

Una voce maschile dice:

“...scusate l'orario, ma sto tornando ora da Bologna: è accaduto un fatto gravissimo; a Reggio Emilia la celere ha sparato durante una manifestazione di operai edili e sono rimasti uccisi cinque lavoratori. C'è stato il Direttivo Provinciale che ha proclamato lo sciopero generale per oggi. Chiamate la Carla, è urgente!

Mi vesto di corsa e corro fuori.

Ad attendermi, c'è Bassi, il Segretario della Camera del Lavoro di Argelato che, senza tanti preamboli, mi dice:

“Tira fuori la moto, devi fare il giro per le campagne, fermare immediatamente i contadini che stanno cominciando ad arare i campi: c'è lo sciopero generale, dobbiamo reagire con forza: il governo Tambroni sta esagerando!”

Mi infilo i pantaloni che mi aveva fatto mia madre (allora, almeno al mio paese, non si trovavano in commercio pantaloni da donna), un fazzoletto in testa a fermare i capelli (...il casco dell'epoca!) e sono pronta.

Col mio Morini, percorro via Canaletta, giro a destra e incontro i primi contadini nelle campagne di Casadio, procedo per la Venenta..il rombo della moto e la mia voce nel silenzio della notte, attirano facilmente l'attenzione dei braccianti che si stanno preparando per recarsi al lavoro.

Procedo, direzione Malacappa: faccio in tempo a dare la sveglia all'intero borgo, poi via... Passogatti, Boschetto, le campagne del Trebbo, e arrivo a Corticella: gli operai della Vetrosilex sono sul piazzale per il cambio turno e si fermano, sgomenti per la notizia.

Una notte di lavoro, per comunicare i fatti e organizzare lo sciopero e poi in ufficio a preparare i volantini.

Ho ancora in mente i volti, cotti dal sole nelle campagne, stanchi dal turno di lavoro nella vetreria, lo sgomento che si trasforma in rabbia e voglia di reagire, tutti insieme, con le stesse emozioni, gli stessi obiettivi e la stessa grande solidarietà.

Erano gli anni del lavoro senza diritti, delle lotte che portarono, dieci anni dopo, la Costituzione dentro i cancelli delle fabbriche.

Era il luglio del 1960, era un altro secolo, e a ripensarlo oggi, nell'epoca dei telefonini, della comunicazione veloce, ma anche della solitudine in cui si chiudono i giovani per comunicare per ore in silenzio,  con gli amici virtuali, mi rendo conto di quanto il mondo sia cambiato e di quanto, di quel secolo scorso andrebbe recuperato per rendere il presente più umano e più vero.

 

 

-Commenti:

Penso che in passato fosse molto diverso, perchè se adesso succedesse la stessa cosa i cittadini non reagirebbero allo stesso modo ma andrebbero al lavoro lo stesso.

La scrittrice ricorda quel momento come un avvenimento bello e che ora nessuno potrebbe avere.

Mi piace come viveva lei e mi piacerebbe provare la sensazione di vivere in una comunità così unita.

Monica Hu