Mia madre aveva un vestito bianco con enormi pois neri, la gonna vaporosa era stretta alla vita da una cintura di vernice anch’essa nera.

I capelli corti e ricciuti, frutto di una permanente troppo marcata, gli occhi grigi chiarissimi erano ridenti, ma all'occorrenza sapevano essere di ghiaccio.

Aveva da poco finito di rigovernare la cucina, io all'epoca fanciullo, giocavo in terra sul terrazzo del nostro appartamento, la radio costantemente accesa.

L'ascoltavo continuamente, ma la sera dopo cena era un momento magico, trasmettevano commedie che ascoltavamo, immedesimandoci in quelle storie fantastiche.

Mia madre cuciva alla luce di una piccola lampada, mio padre nella penombra fumava una sigaretta.

Ricordo molto bene queste immagini, le rivedo come se fossero un dipinto.

Mio padre, in particolare, indossava pantaloni di cotone blu e una canottiera bianca, senza camicia per fronteggiare il caldo estivo e, con una punta di vanità, mostrava le sue spalle larghe di giovane trentenne; aveva il fisico dell'atleta, i capelli ondulati nerissimi e gli occhi verdi.

Generalmente si sedeva accavallando una gamba che faceva trottare instancabilmente e tra le labbra una 'Esportazione' senza filtro bruciava lentamente.

Era un'atmosfera serena, dove i silenzi raccontavano di amore e di affetto.

La radio era l'oggetto magico che incantava e istruiva, io bimbo ascoltavo quelle grandi favole con meravigliata attenzione; solo anni dopo ho capito che la mia infanzia era stata nutrita con Dumas, Goldoni, Molière, Balzac, Verga.

Al termine della trasmissione, si andava tutti sul balcone, mio padre fumava l'ultima sigaretta e lo faceva stando abbracciato a mia madre; guardavano silenziosi il buio stellato della notte, pausa intrisa di sentimenti prima di avviarsi al letto.

Il nuovo giorno sarebbe iniziato con le grida dell'arrotino e con i canti dei muratori.

I cantieri edili erano ovunque e i muratori cantavano a squarciagola, qualcuno nella terra smossa del cantiere aveva creato un piccolo orto: un nostalgico attaccamento alle proprie radici. Parole del sud e del nord si intrecciavano tra quei mattoni e tutti si incitavano a fare di più per creare un futuro che sicuramente, erano convinti, sarebbe stato migliore.

Oggi i cantieri sono muti.

 

 

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