Quando ero piccola con mia nonna Emma ho imparato a pregare, e ho imparato tutte le sue preghiere. Mia nonna Emma ha partorito tredici volte e in pochi anni sono rimasti solo sette  figli. Ricordo che mi raccontava che con la miseria che c’era, allora, quando i bambini avevano circa dieci anni ed erano di corporatura robusta andavano a lavorare dai contadini nei campi vicini, e anche a volte mangiavano e dormivano là, dal datore di lavoro. Lei e mio nonno erano mezzadri, a fine anno in tasca avevano solo pochi soldi, ma una grande dignità, perché mia nonna andava in tutte le case, a fare la “levatrice e l’ostetrica” gratis.  Al suo funerale, nel 1953, erano circa più di mille  persone.

Andando a muovere i ricordi, ci tengo a dire che io abitavo nel centro del paese, proprio in piazza e quando cominciarono i bombardamenti andammo dall’altra nonna che stava in un podere agricolo di quaranta tornature con un immobile grande, quindi c’era posto anche per noi sette. Con il modo di vivere, andammo più indietro in molte cose: il gabinetto era fuori dalla casa, con una botte interrata e un coperchio sopra. Poi alla sera dovevamo chiamare gli animali per la notte, 100 galline, 3 maiali, 20 anatre, 12 oche, 8 mucche e alle volte anche i vitellini e al pomeriggio c’era da preparare il loro mangime.

In casa da mia nonna, ci si sentiva proprio in famiglia e in particolare cristiana perché alla sera si diceva il rosario e nel mese di maggio si andava insieme al caseificio perché là c’era il pilastrino, e tra grandi e piccoli c’erano anche cinquanta persone.

Sentivo i grandi (adulti) chiedere di una famiglia o di un’altra, se avessero bisogno, anche nei lavori dei campi oltre che in casa. Per le feste capitava che venissero dei parenti e si preparava più cibo e ci si faceva aiutare da un altro contadino per fare bella figura.

Ora vivo sola in centro, vado al Punto Incontro, ma mi sento molto sola. Ho un figlio in zona con una azienda abbastanza vicino a casa e una nipote a Reggio Emilia che mi chiama al cellulare la domenica. Lei ha due ragazzi di diciotto e quindici anni bravissimi che aspettano di trovare lavoro assieme al padre e mia nipote fa l’ambulante e purtroppo ora ha poco lavoro.

Purtroppo nei miei ricordi non c’era allegria prima perché non c’era la forza di averla e neanche adesso. Vorrei aggiungere che anche il cibo è da ricordare, perché adesso le pietanze sono diverse da un tempo. Anche per il momento della colazione si va al bar, fuori casa. Indietro, a casa,  si preparavano gli gnocchi fritti e crescentine e c’era la polenta con i sughi o formaggi, le aringhe e anche il baccalà in umido, i tortelloni con zucca e ricotta, molto purè di patate, le verdure cotte in tanti modi, gli gnocchetti di patate, le grandi frittate, lo gnocco salato cotto direttamente in casa, per chi aveva il forno..! E adesso il maiale lo mangiano in pochi, perché fa male dicono, ma una volta si mangiava 100 % genuino, e averne! E si faceva la sfoglia di mezzo centimetro facendo dei quadri 20 x 20 centimetri e si friggeva in una padella bassa 15 centimetri e con lo strutto di maiale si friggeva fino a che diventassero rosa per la colazione. Se ci fossero adesso si pagherebbero a peso d’oro!

Infine aggiungo che la biancheria si faceva in casa con il telaio. Il telaio che avevo è andato rotto nel 1970 e non trovai più nessuno che lo sapesse riparare e così è stato bruciato. Nel mio baule di tela ho un po’ di canapa semplice e un po’ di canapa tessuta con un filo di cotone, fatta da mia mamma nella stalla d’inverno. Giorno dopo giorno abbiamo confezionato federe, lenzuola e strofinacci per le stoviglie, e tanto altro come tende per le scale, pedane per il bagno, borse per la spesa, centri ricamati per i mobili e copri cuscini.

 

 

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