Nella sanguinosa battaglia di El Alamein, morirono circa 13.500 Inglesi, 17.000 Italiani, 9.000 Tedeschi. All’inizio le forze in campo erano così composte: l’Asse aveva 80.000 uomini dei quali 27.000 tedeschi, 53.000 italiani, 200 carri e 345 aerei, mentre gli Inglesi contavano 220.000 uomini, 1.000 carri e 1.000 aerei; questa l’evidente sproporzione a favore dell’Ottava Armata comandata da Montgomery.

 

Forse non si è mai dato il giusto rilievo a questo evento, nonostante l’immane tragedia.

I ragazzi della Folgore, ultimi a cedere ai margini della depressione di El Qattara, resistettero per tredici lunghi giorni di aspri combattimenti, dal 23 ottobre 1942 fino al 4 Novembre, senza arretrare di un metro.

Dei circa cinquemila eroici Paracadutisti partiti dall’Italia per la conquista delle terre d’Egitto, ne restarono trecentoquattro.

Corrado fu uno di questi sopravvissuti.

Aveva solo ventitré anni a quel tempo e così giovane fu chiamato a vivere un’esperienza devastante che lo avrebbe segnato per il resto della vita. Avrebbe, negli anni, ripensato spesso al commilitone morto al suo fianco, alla terra che tremava per i colpi incessanti di cannone, agli Spitfire inglesi che bombardavano senza sosta, ai campi minati, alla sete e alla fame implacabili. Allo sguardo del compagno, disperato e consapevole della morte imminente e alla paura che domani sarebbe toccata a lui.

A battaglia definitivamente persa, diverse migliaia di uomini stremati e logorati si trovarono abbandonati in pieno deserto, con l’unica prospettiva di essere condotti nei campi di prigionia. Cominciò qui l’odissea per i superstiti della battaglia di El Alamein, 3400 Km di ritirata nel deserto.

Corrado fu pietosamente caricato nel cassone di un camion, in preda a febbre altissima e dissenteria acuta. Ciò gli evitò morte sicura, non sarebbe potuto sopravvivere a una marcia così dura in quelle condizioni.

Lo attendevano quarantadue mesi di prigionia da trascorrere, ancora nel deserto, nei pressi di Porto Said.

La permanenza in questo campo fu altrettanto insopportabile per Corrado, ma il suo inguaribile ottimismo gli consentì di adattarsi al meglio possibile in questa nuova realtà, fatta di angherie e sofferenze. Avrebbe continuato a servire la Patria con onore, sacrificando ben sette anni della sua giovane vita.

Accettò di collaborare e si rese disponibile a lavorare per gli inglesi come capocuoco nella mensa degli Ufficiali inglesi, scozzesi e ai loro alleati. Ciò rese più sopportabile la prigionia poiché poteva accedere ai viveri a suo piacimento e non fu cosa da poco.

Il tempo trascorreva lento nell’attesa di notizie che, di quando in quando, giungevano dall’Italia e dalla corrispondenza che con una certa regolarità, gli veniva recapitata.

Lettere che parlavano delle condizioni in cui versavano i suoi cari, le sorelle e i genitori che non vedeva ormai da anni, a cui rispondeva altrettanto regolarmente.

Come ogni mattina, uscì dalla sua “gabbia” (così erano chiamate le baracche, “cages” dagli inglesi, camerate comuni ovvero rettangoli di cento metri per cinquanta ove all’interno vi erano le brande), per raggiungere la mensa ufficiali e prendere servizio. Il tragitto da percorrere era di qualche centinaio di metri, il caldo come il solito opprimente e a circa metà del percorso una sensazione stranissima colse Corrado di sorpresa. Improvvisamente le sue gambe si bloccarono, incapaci di sorreggerlo. Cadde a terra, immobile, la testa come separata dal collo, e un brivido freddo, intenso e prolungato lo immobilizzò. Accorsero alcuni commilitoni che lo raccolsero e lo ricoverarono in infermeria.

Non gli fu riscontrato nulla di serio, fu abbondantemente reidratato e dimesso qualche ora dopo. Corrado aveva ottima salute, il suo fisico era integro, un episodio simile mai si era verificato e non ebbe a ripetersi nei giorni seguenti.

Trascorsero i mesi, durante i quali ebbe modo di ripensare allo strano episodio e iniziò a farsi luce un cattivo pensiero supportato da notizie poco confortanti contenute nelle lettere che riceveva dalle sorelle. I bombardamenti su Bologna si erano intensificati e tantissime furono le case distrutte e le vittime fra i civili. Volle conoscere con esattezza il giorno in cui lo colse quel “malore”. Si recò in infermeria, dove chiese la data esatta del ricovero; gli mostrarono il registro e quindi il giorno: 25 settembre 1943, pochi giorni dopo la firma dell’armistizio. Corrado scrisse quindi questa lettera a casa:

Cara mamma, care sorelle, qui i giorni trascorrono lenti, io sto bene e ancora la vita mi sorride. Vivo nell’attesa della fine di questa guerra per potervi riabbracciare e poter vedere la fine di questo incubo. Non vi chiedo notizie del babbo poiché ho saputo della sua terribile scomparsa nel mattino del 25 settembre u.s. Lui ha voluto rivolgermi l’ultimo pensiero, mi ha salutato e mi ha abbracciato tanto forte da togliermi il respiro. In questi mesi di  vostro  rispettoso silenzio per non causarmi dolore su dolore, ho avuto modo di pregare per voi e tanto per lui, con la speranza che non abbia sofferto più di tanto. Un abbraccio dal sempre vostro Corrado”.

Pochi giorni dopo giunse la risposta dalle sorelle:

“ Carissimo fratello, sii sincero, chi te l’ha detto?”

Corrado, paracadutista del 187° Rgt. Folgore, era mio padre e mio nonno perì a seguito di un bombardamento fuori porta San Donato, quando 71 “Fortezze Volanti” arrivarono su Bologna senza essere avvistate; da lì si alzò in volo un angelo che planò sul deserto egiziano di Porto Said per compiere la sua amorevole missione.

 

 

-Commenti:

In questo ricordo Sante Serra racconta di suo padre Corrado, paracadutista della folgore, e di tutte le sue esperienze di guerra, di come sopravvisse alla cattura da parte degli inglesi e al suo salvataggio da parte dell'angelo del deserto. Da questo ricordo si può capire veramente in che condizioni vivevano in quel tempo dove la gente era costretta ad adattarsi per non morire!

 

Mattia Amorosini

 

Commenti   

0 #1 Piera Ciarrocca 2017-05-26 09:21
È un testo molto interessante ed emozionante, in quanto trovo molto bella la capacità che questa tipologia di testi posseggono. Infatti riescono a trasportarti indietro nel passato ed immergerti in esso.

GIORGIA ROSSI
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