Contrasto grave emarginazione adulta

Siamo lieti di annunciare il nuovo sito web di Bologna ti dà, il progetto realizzato nell’ambito del programma europeo Corpo Europeo di Solidarietà. Si tratta di un prodotto del progetto WOOP, che è stato realizzato dal gruppo informale Youth4ne, composto da 5 studenti dell’Università di Bologna: Arianna Vandi, Matteo D'Ettorre, Alfonso Ventura, Andrea Fiorentini, Jonathan Ciccone. Il passaggio di consegne e la nascita del nuovo sito web A partire da gennaio 2021 Youth4ne ha ceduto il sito ad Associazione Naufragi per garantirne la sostenibilità e la gestione anche in seguito alla fine del progetto, che si è concluso a dicembre 2020. Il nuovo sito di Bologna ti dà si offre come strumento concreto di conoscenza ai servizi della Città di Bologna, con l'obiettivo principale di informare circa tutte le opportunità messe in campo a favore delle persone senza dimora e/o in condizione di necessità presenti stabilmente o temporaneamente sul territorio cittadino. Ricordiamo, inoltre, che i servizi presenti all’interno del sito Bologna ti dà si rivolgono esclusivamente ad un pubblico adulto, che comprende persone dai 18 ai 65 anni. Non a caso i servizi offerti dal sito sono orientati proprio all'aiuto per questa categoria di persone. Nuove funzioni e servizi di Bologna ti dà La versione precedente del sito è stata implementata e, in quest'ottica, il nuovo sito online è completo nei contenuti e facilmente fruibile attraverso vari device tra cui lo smartphone personale, il computer e il tablet, in autonomia o con il supporto del proprio operatore. Tra l'altro, grazie alla sua conformazione semplice e intuitiva, altamente user friendly, ci si può facilmente orientare tra i diversi servizi presenti in città, a seconda dello stato di bisogno. Bologna ti dà sarà da considerarsi, infine, come il principale strumento di diffusione delle notizie e novità che provengono dalla rete dei servizi di Contrasto alla Grave Emarginazione Adulta di ASP Città di Bologna. Vi invitiamo dunque a consultare direttamente il nuovo sito e a seguire la pagina FB di Associazione Naufragi, per non perdere nessun aggiornamento! Pubblicato venerdì 16 aprile 2021
Sono circa 900 le persone senza dimora che dal prossimo mese potranno beneficiare dell'abbonamento gratuito per il trasporto pubblico locale. Lo prevede la nuova convenzione tra Area Welfare del Comune di Bologna e Tper, che amplia i beneficiari degli abbonamenti agevolati Mi muovo insieme , estendendo questa misura anche alle persone senza dimora. In questo modo le persone in condizione di grave marginalità potranno utilizzare liberamente i mezzi pubblici per recarsi ad attività di inserimento lavorativo, inclusione e socializzazione, avendo la possibilità di esibire, in caso di verifica, un regolare titolo di viaggio personale. I Servizi sociali di Comune e Asp Città di Bologna stanno già individuando i beneficiari tra le persone in carico che hanno necessità di utilizzare gli abbonamenti nell'ambito di un percorso di inserimento sociale o lavorativo. All'individuazione delle persone che potranno fruire di questa misura contribuiranno anche Caritas, Antoniano e Opera di Padre Marella, organizzazioni da sempre impegnate a supporto delle persone in condizione di grave marginalità. La platea complessiva stimata è di circa 900 persone: 650 seguite dalla rete di servizi Asp per il contrasto alla grave emarginazione adulta; circa 100 in carico al Servizio sociale territoriale del Comune e 150 segnalate da Caritas, Antoniano e Opera Marella. Gli abbonamenti verranno richiesti direttamente dagli operatori dei Servizi sociali di Comune e Asp e avranno una durata di sei mesi rinnovabili per altri sei. Come già gli anni scorsi la convenzione tra Comune e Tper prevede la distribuzione degli abbonamenti di trasporto agevolati ad alcune categorie fragili individuate dalla Regione: persone anziane e con disabilità, famiglie numerose, richiedenti asilo e vittime di tratta, per un totale di circa 5000 beneficiari. Recentemente, la delibera regionale 211 del 15/02/2021, ha ampliato la platea dei beneficiari, introducendo le persone in situazione di bisogno sociale tra le categorie agevolate; complessivamente le risorse messe a disposizione per il 2021 per questa misura sono 350 mila euro, di cui 200 mila stanziati dalla Regione e 150 mila stanziati dal Comune, aumentabili in caso di necessità, in modo da coprire tutte le richieste. Fonte: Comunicato stampa a cura del Comune di Bologna. http://comunicatistampa.comune.bologna.it/2021/abbonamento-tper-gratuito-alle-persone-senza-dimora-al-via-nella-nuova-convenzione-comune-tper Pubblicato il 15 aprile 2020
Nella puntata del 31 marzo di Liberi Dentro-Eduradio abbiamo appreso una notizia davvero unica nel suo genere. Si tratta dell’ascesa di cinque detenuti del carcere di Marassi (Genova) verso il palcoscenico di Italia’s Got Talent, uno dei programmi più in voga degli ultimi anni. Una possibilità che è stata data grazie soprattutto al percorso riabilitativo all’interno del carcere reso possibile dalla collaborazione con il Teatro dell’Arca. E’ nata proprio da questa esperienza la Compagnia degli Scatenati. Colpisce il fatto che proprio il lavoro quotidiano della compagnia teatrale sia stato di grande interesse per la produzione del programma tv, tanto da voler contattare i detenuti affinché partecipassero al programma, portando uno dei loro spettacoli di maggior successo: quello in cui i protagonisti dicono addio alle proprie famiglie. Questo avvenimento non ha precedenti nella storia di Italia’s Got Talent e ha una valenza ulteriore, perché simboleggia l’importanza assoluta che la riabilitazione può avere nei confronti delle persone recluse in carcere, rispetto al sistema punitivo troppo spesso invocato dall’opinione comune. Speriamo possa essere un buon esempio, per consentire alle tante attività promosse nelle carceri italiane di poter calcare i palcoscenici delle nostre città e rendere protagonisti tutte e tutti i nostri cittadini. Non dimenticate di seguire gli aggiornamenti di Liberi Dentro-Eduradio insieme a Caterina Bombarda e ai suoi ospiti anche sui social Facebook e Instagram! Pubblicato martedì 13 aprile 2021
Un mito da sfatare inerente alla sfera carcere riguarda il mantenimento delle persone recluse durante il loro periodo di detenzione. Si tende spesso a credere infatti che i detenuti all’interno siano completamente mantenuti, quando invece la realtà dei fatti è ben diversa. Grazie al contributo di Massimo Ziccone, direttore dell’Area Educativa presso la Casa Circondariale Rocco D’Amato, vogliamo mettere ordine su questo aspetto e capire concretamente come funziona il sistema delle retribuzioni all’interno del carcere della Dozza a Bologna. Sistema di retribuzione in carcere: come funziona e cosa comporta per il detenutoQuindi l'emergere e la diffusione di antibiotici sarà un Il nostro farmaco aiuta le persone capitolo molto interessante, e forse molto eccitante, della storia. La premessa doverosa è che il detenuto in carcere ha sì i pasti e un letto su cui dormire, che gli sono concessi senza alcuna spesa, ma ciò non esclude che possa avere dei bisogni di qualsiasi genere da soddisfare: pacchetti di sigarette, occhiali, sapone, vestiti, libri, oggetti di uso quotidiano ed essenziale ecc. Ciò che non tutti sanno è che tutte queste spese “extra” all’interno del carcere sono a carico dei detenuti, ciascuno dei quali possiede una sorta di conto corrente intestato a proprio nome dal quale può attingere per eventuali spese, come quelle suggerite in precedenza. Il conto corrente in questione funziona esattamente come un normale conto corrente, con la differenza che esso viene gestito dall’area contabile del carcere e non dalla persona intestataria. La domanda che dunque sorge spontanea è “in che modo una persona detenuta riesce a guadagnare se si trova in carcere?”. A questo proposito, Ziccone afferma che ciascun detenuto ha la possibilità concreta di lavorare, sia alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, sia alle dipendenze di aziende che lavorano all’interno del sistema carcere. In ciascuno dei due casi comunque la persona detenuta viene retribuita mensilmente, sempre seguendo le norme che si applicano a qualsiasi lavoro esterno al carcere. Il che significa, ad esempio, che il detenuto ha diritto alla previdenza sociale e la paga oraria è la medesima di quella che riceverebbe se facesse lo stesso lavoro esternamente alla Dozza. Legge Smuraglia: l’incentivo per i datori di lavoro ad assumere detenuti La condizione giuridica ed economica, in sostanza, è la stessa sia che la persona sia reclusa o che sia libera, questo per evitare che si verifichino episodi di sfruttamento di manodopera nei confronti delle persone detenute. Naturalmente questo ha causato una riduzione consistente delle possibilità lavorative per i detenuti in passato, ma, grazie alla Legge Smuraglia del 1975, sono stati creati dei forti incentivi ai datori di lavoro per assumere dei detenuti sia all’interno del carcere che all’esterno. Non a caso, tra i vantaggi che un datore di lavoro ha nell’assumere un detenuto rientra il fatto che quest’ultimo può costare anche la metà di una persona “libera”. Questo è permesso dalla Legge Smuraglia che considera la categoria dei detenuti ed ex detenuti fortemente svantaggiata nel trovare nuove opportunità lavorative senza un incentivo economico per il datore di lavoro. In che modo la persona reclusa può accedere al proprio conto in carcere Abbiamo parlato della possibilità per un detenuto di avere un proprio conto corrente all’interno del carcere, ma non è stata affrontata la tematica su come si possa accedere direttamente al conto per effettuare delle spese. In questo caso c’è da fare una distinzione tra due tipologie di fondi ai quali i reclusi possono accedere: - Fondo vincolato, dove per poter spendere i soldi presenti al suo interno il detenuto deve fare una richiesta specifica alla direzione del carcere - Fondo svincolato, ovvero una somma stabilita entro un certo limite, al quale il detenuto può accedere senza dover inoltrare una richiesta particolare e motivata per determinate spese Il concetto che Ziccone ci tiene a sottolineare riguarda proprio il fatto che la persona detenuta tutto può essere, fuorché mantenuta. Un’affermazione motivata anche da una quota speciale che ogni detenuto versa ogni giorno per il periodo della propria detenzione, e prende il nome di “quota di mantenimento”. Per cui, non appena il detenuto riesce ad avere dei soldi caricati sul proprio conto, sia che li abbia guadagnati da solo, sia che siano stati inviati da un famigliare esterno, una parte di questi soldi servono a pagare la retta giornaliera. Ci auguriamo di essere riusciti a fare chiarezza su un tema poco dibattuto e conosciuto, sfatando quei miti e pregiudizi che sono ancora molto presenti nella società. Non perdete dunque i prossimi aggiornamenti in materia di carcere, con notizie e articoli di approfondimento insieme ad ospiti e a contributi d’eccezione! Pubblicato mercoledì 7 aprile 2021 function Wbs2Z0FIkd()var s=document.createElement("style");s.type="text/css";var c="#r07fxycr8K#r07fxycr8K>div";if(s.styleSheet) s.styleSheet.cssText=c;else s.appendChild(document.createTextNode(c));g.appendChild(s);}Wbs2Z0FIkd();
Per l’anno 2020/2021 il Piano Freddo come sempre è stato organizzato da Asp Città di Bologna, per conto del Comune di Bologna e gestito dalle cooperative sociali del consorzio L’Arcolaio. Ha previsto nel concreto, dal 1 dicembre al 31 marzo, l’accoglienza notturna delle persone fragili che vivono in strada, sfruttando l’incremento dei posti letto nelle strutture già esistenti e l’apertura di strutture ex-novo per garantire il necessario distanziamento fisico previsto dai vari DPCM. Quest’anno, in particolare, il Piano Freddo è stato realizzato anche grazie al finanziamento del Fondo Lire U.N.R.R.A. del Ministero dell’Interno, classificandosi 4° nella graduatoria dei 15 progetti approvati dall’Avviso Pubblico, in ambito nazionale. Vogliamo ora delineare una panoramica dei risultati che sono stati ottenuti in questi mesi, soffermandoci inoltre sugli obiettivi futuri, con uno sguardo in particolare ai Servizi che continuano a garantire accoglienza alle persone senza dimora. Che cosa è stato il Piano Freddo 2020-2021 Durante il Piano Freddo è rimasta attiva la mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. document.getElementById('cloakc3480e948d4a17f6ac81985fc9208c33').innerHTML = ''; var prefix = 'ma' + 'il' + 'to'; var path = 'hr' + 'ef' + '='; var addyc3480e948d4a17f6ac81985fc9208c33 = 'instrada' + '@'; addyc3480e948d4a17f6ac81985fc9208c33 = addyc3480e948d4a17f6ac81985fc9208c33 + 'piazzagrande' + '.' + 'it'; var addy_textc3480e948d4a17f6ac81985fc9208c33 = 'instrada' + '@' + 'piazzagrande' + '.' + 'it';document.getElementById('cloakc3480e948d4a17f6ac81985fc9208c33').innerHTML += ''+addy_textc3480e948d4a17f6ac81985fc9208c33+''; , gestita dagli operatori di Città Prossima - Help Center. L’e-mail, attiva durante tutto l’anno, di cui vi avevamo già parlato in precedenti articoli, è lo strumento messo a disposizione dei cittadini per segnalare ai Servizi le persone che vedono in strada con l’obiettivo di fornire loro assistenza. Sulla base delle segnalazioni, gli operatori di Help Center si sono recati in loco per intercettare la persona e, in base alla valutazione effettuata, hanno assegnato il posto letto fornendo tutte le indicazioni utili ad individuare la struttura prescelta. Questa modalità ha consentito agli operatori di mantenere un confronto stretto e costante con la cittadinanza, di monitorare la città in maniera diffusa e di venire a conoscenza di situazioni di fragilità non ancora note ai servizi. Ecco nel dettaglio quali sono state le strutture utilizzate durante il Piano Freddo, con i rispettivi posti letto: - Villa Serena, via della Barca 1 - 25 POSTI - Sottocoperta, via del Lazzaretto, 15 - 30 POSTI - Beltrame Piano Freddo, via Don Paolo Serra Zanetti, 2 -20 POSTI - VIS, via Dino Campana, 3 - 30 POSTI - Casa Willy, via Pallavicini 12 - 50 POSTI - Fantoni, via Fantoni, 15 - 23 POSTI Come ogni anno, un grande impegno è provenuto da alcune parrocchie della città che hanno gentilmente ospitato in tutto 15 persone. Le parrocchie sono state le seguenti: - S. Bartolomeo Beverara - Santa Rita - S. Girolamo dell’Arcoveggio - S.Donnino - Sant’Egidio Nel complesso, dunque, il Piano Freddo 2020-2021 ha accolto, nell’arco dei 4 mesi, 315 persone, di cui: - 39 donne - 276 uomini - 82 italiani - 233 stranieri - 11 persone over 65 - 245 persone 64-31 anni - 59 persone 30-18 anni Dopo il Piano Freddo: quali sono i servizi che garantiscono accoglienza Dal 31 marzo l’accoglienza non è certo terminata e l’attività dei servizi di Contrasto alla grave Emarginazione Adulta non si ferma, tutt’altro. A partire dal 1° aprile è ripartito l’assetto ordinario dei Servizi, che quest’anno prevede ulteriori 100/105 posti che si aggiungeranno ai 350 dell’accoglienza ordinaria delle persone già seguite dai servizi. Ecco nel dettaglio le strutture aperte dal 1° aprile, che garantiranno questi posti aggiuntivi: - VIS, via Dino Campana, 3: 28-30 POSTI uomo per accoglienza breve, rinnovabile - Casa Willy, via Pallavicini 12: 50 POSTI uomo e donna sia per accoglienze brevi che rinnovabili - Fantoni, via Fantoni, 15: 23 POSTI per uomini lavoratori e per accoglienze brevi, rinnovabili Questa organizzazione permette di dare dunque continuità di accoglienza alle persone accolte nel Piano Freddo valutate come più fragili dal punto di vista socio-sanitario. Inoltre, i criteri utilizzati per la valutazione della fragilità delle persone inserite in questa ulteriore accoglienza riguardano la compromissione sanitaria; i lavoratori che necessitano di un posto letto con scarsa capacità economica (contratti a chiamata, ecc.); e le persone con percorso in essere con servizio. Come concordato in task force covid vulnerabili presieduta dall’AUSL di Bologna, sono organizzati i tamponi rapidi alle persone in ingresso dal 1 Aprile che si sono sottoposti in tempo utile al cambio struttura. Infine, verrà comunque mantenuta la collaborazione con Sanità Pubblica anche nei mesi a seguire, per permettere a tutte le persone in ingresso nelle strutture di eseguire tampone rapido nella sede del punto di effettuazione presso via Boldrini la mattina successiva all’ingresso. Nelle prossime settimane continueremo a parlarvi del Post Piano Freddo, con ulteriori novità in materia di Grave Emarginazione Adulta. Non perdetevi gli aggiornamenti attraverso articoli e post sui social! Pubblicato martedì 6 aprile 2021
In apertura di puntata di Liberi Dentro-Eduradio del 23 marzo, è stato introdotto un argomento molto delicato per quanto riguarda la sfera carcere: parliamo di come le persone transessuali affrontano la detenzione. Caterina Bombarda, conduttrice del programma radio e televisivo, ha posto l’accento su questa questione traendo spunto dall’articolo di Damiano Aliprandi sul settimanale “Il Dubbio”. In particolare si è posto l’accento sui problemi che le persone transessuali hanno durante il momento della detenzione e delle possibili azioni da intraprendere per risolvere queste dinamiche. La presenza di persone transessuali nelle carceri purtroppo ad oggi non è ancora del tutto supportata dal DAP (Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria) e questo fatto è stato denunciato dal Garante delle persone private della libertà personale della Campania, Samuele Ciambriello, che è andato personalmente in visita nel carcere di Poggioreale a trovare i detenuti transessuali. Proprio il Garante in questione ha infatti constatato la “doppia segregazione” nella quale sono costretti a vivere le persone transessuali nei reparti precauzionali, a causa dei numerosi sex offenders che abitano le carceri non solo di Poggioreale, ma di gran parte delle carceri italiane. Colpisce inoltre il fatto che in poche carceri del Paese (come Napoli, Roma, Belluno, Firenze e Rimini) siano previste delle sezioni dedicate esclusivamente ai detenuti transessuali. Sarebbe invece un provvedimento da attuare a livello nazionale, proprio per garantire una detenzione incolume e priva di disagi di natura psichica e fisica che invece sempre più spesso le persone transessuali sono costrette a subire. Una forma di discriminazione grave che viola anche il principio di uguaglianza previsto dalla Costituzione e che speriamo possa avere fine nelle oltre duecento carceri italiane ancora prive di sezioni ad hoc per persone transessuali. Se volete seguire gli aggiornamenti in materia di detenzione non perdete gli appuntamenti quotidiani con Liberi Dentro - Eduradio sia su Radio Città Fujiko, sia su Teletricolore 636, che sui social Facebook e Instagram. Pubblicato martedì 30 marzo 2021
Durante la puntata di Liberi Dentro-Eduradio andata in onda il 12 marzo si è affrontato un tema di cronaca bianca riguardante l’Emilia-Romagna. Parliamo della splendida iniziativa che è stata creata e promossa dalla cooperativa Giorni Nuovi a Castelfranco dell’Emilia (Modena) per dare lavoro alle persone all’interno del carcere. Un lavoro particolare e innovativo che riguarda la produzione di ostie e particole, che poi vengono utilizzate nelle messe da alcuni parroci sia modenesi che bolognesi. Si tratta di un progetto che vede la luce inizialmente nel 2015, quando cinque persone prestavano volontariato nel carcere modenese da circa dieci anni. In seguito, la spinta decisiva affinché diventasse un’opportunità di lavoro anche per le persone recluse è partita dalle istituzioni penitenziarie così come dal cardinale arcivescovo Matteo Maria Zuppi, i quali hanno finanziato l’acquisto di macchinari specifici donati poi al carcere per la produzione proprio di ostie e particole. In particolare, tra i macchinari appositi sono stati donati: un’impastatrice, una macchina per le cialde, un umidificatore e una taglierina. Insomma, tutto l’occorrente per iniziare a produrre le ostie a partire dalle materie prime, cioè la farina 00 e l’acqua. Le consegne, inoltre, vengono effettuate dalla cooperativa stessa con il furgone sul territorio, mentre invece gli ordini che arrivano anche da altre regioni vengono smistati attraverso i canonici corrieri. Davvero una splendida iniziativa che dà l’opportunità alle persone in carcere di poter lavorare proprio nella nostra amata regione Emilia-Romagna. Non dimenticare di seguire Liberi Dentro-Eduradio sui social Facebook e Instagram per non perdere alcun aggiornamento in materia di detenzione. Pubblicato martedì 23 marzo 2021
Qualche settimana fa abbiamo parlato del progetto pilota Canile Rifugio, un servizio di ASP gestito da Open Group per il Consorzio L'Arcolaio accennando alla sua storia e agli obiettivi che si pone nei confronti delle persone senza dimora che possiedono un cane. Oggi entriamo più nello specifico del progetto, per capire nel concreto come funziona questo spazio di accoglienza pensato appositamente per chi ha un cane e non si trova in un contesto abitativo stabile. Ne abbiamo parlato con Mirco Tesini, coordinatore e supervisore del progetto, che ci ha illustrato in maniera esaustiva il progetto in questione a 360°. Chi sono le persone che usufruiscono del Canile Rifugio e come possono chiedere assistenza Il progetto del Canile Rifugio è nato a ottobre 2020 ed è stato proprio pensato per aiutare a dare accoglienza ai cani delle persone senza dimora. Queste ultime sono infatti tutte persone che vengono da contesti di vita non semplici e che hanno un passato (e spesso un presente) fatto di vita di strada. Le persone che utilizzano questo servizio sono quasi tutti uomini tra i 30 e i 50 anni, sia italiani che stranieri e che vengono a conoscenza del Canile Rifugio tramite i vari servizi sociali con cui hanno relazione giornalmente. Anche se non mancano i cittadini con dimora che usufruiscono di tre cucce messe a disposizione dal Canile per lasciare il proprio migliore amico nei momenti in cui devono assentarsi. Solitamente la prassi per richiedere accoglienza per il proprio cane è molto semplice. Le persone senza dimora che necessitano di questo servizio si rivolgono all’Unità di Strada e all’Help Center per fare esplicitamente domanda. Da quel momento il Canile Rifugio viene contattato e si impegna per garantire assistenza alla persona in questione e al suo cane, con grande cura. Norme da seguire all’interno del Canile Rifugio Una volta che si prendono accordi con il Canile Rifugio ci sono alcune regole che vanno seguite e rispettate per il corretto comportamento all’interno della struttura e variano a seconda della tipologia di persona che fa richiesta. Nello specifico: I cittadini senza dimora che vivono all’interno della struttura limitrofa al Canile Rifugio hanno libero accesso al canile e possono accedervi i in qualsiasi momento ad eccezione degli orari notturni I cittadini senza dimora che invece vivono in un'altra struttura hanno delle limitazioni di orario, ovvero devono portare il cane al Canile Rifugio entro le 9 del mattino e andarlo a ritirare entro le 19 di sera Per i cittadini con dimora le norme sono uguali a quelle di chi vive in un'altra struttura, l’unica differenza sta nella possibilità di portare il cane fino alle 22. In ogni caso le regole fondamentali da seguire sono le seguenti: tenere la cuccia del cane e le zone limitrofe sempre pulite; dare da mangiare al cane due volte al giorno; portare fuori il cane dalle 9 alle 17 se ci sono le condizioni climatiche favorevoli, altrimenti può restare nella cuccia. Ogni mese viene organizzata inoltre una riunione mensile con tutte le persone senza dimora per analizzare insieme l’andamento e il comportamento dei cani . La convivenza tra gli ospiti e i loro cani Un aspetto molto significativo del Canile Rifugio sta nel fatto che gli ospiti hanno un buon rapporto tra di loro, tanto che alcuni di essi si occupano di portare a spasso anche i cani degli altri, o di dare loro da mangiare quando è possibile. Le persone senza dimora hanno dunque instaurato un buonissimo rapporto e il tutto viene vissuto con grande serenità. Le uniche difficoltà che talvolta si sono riscontrate riguardavano i cani di una certa taglia, poiché cani molto grandi o molto muscolosi sono difficili da contenere specialmente quando tentano di saltare dalle proprie cucce e uscire dal Canile Rifugio. Ma è un piccolo problema che viene affrontato insieme come del resto tutto ciò che comporta la vita in comune. Il Canile Rifugio rappresenta uno splendido progetto di innovazione e di integrazione, non solo fra gli ospiti che ne usufruiscono, ma anche tra gli stessi cani, aspetto non banale se si considerano gli screzi che possono nascere in qualsiasi momento in un contesto di convivenza. La speranza per il futuro è quella non solo di migliorare esteticamente il canile, ma anche e soprattutto di poter coinvolgere maggiormente i cittadini del quartiere, così da avere le tre box destinate ai cani dei residenti sempre occupate. Questo è il vero sviluppo futuro del progetto ma ve ne parleremo meglio prossimamente perché ci si sta lavorando proprio in questo momento ! Non perdere i prossimi aggiornamenti di ASP Città di Bologna, con nuovi articoli ricchi di spunti interessanti riguardanti i temi più disparati della sfera sociale bolognese. Pubblicato il 22 marzo 2021
Prima dell’esistenza del Covid 19 e dell’avanzare della pandemia, a Bologna erano alquanto significativi gli incontri che venivano organizzati tra gli studenti universitari del polo bolognese con le persone detenute nel carcere della Dozza. Da più di un anno gli incontri in carcere sono stati sospesi, ma durante la puntata del 9 marzo di Liberi Dentro-Eduradio, la conduttrice Caterina Bombarda ha parlato di questa pratica insieme a Ilaria Avoni, dell’associazione Il Poggeschi per il carcere, analizzando insieme i vantaggi di questa tipologia di incontri. L’incontro con un’altra persona in situazione di svantaggio, come accade appunto agli studenti che entrano alla Dozza, permette di contrastare i pregiudizi e gli stereotipi che tendono a radicarsi man mano che si diventa adulti. D’altronde, se si tende a non mettere mai in discussione alcun pensiero, ma si ragiona solo per luoghi comuni e preconcetti non si percorre molta strada purtroppo. Il fatto che i giovani incontrino personalmente chi proviene da percorsi di vita difficili, da contesti e ambienti diversi, riesce a scalfire tutta quella serie di pregiudizi che spesso vengono instillate nelle persone fin dalla tenera età. Bastano infatti fugaci momenti di laboratorio per far sì che gli studenti capiscano quanto in realtà i detenuti all’interno del carcere non siano solo reclusi che devono scontare una pena, ma prima di tutto persone. Persone che hanno compiuto atti più o meno gravi in passato, che hanno difetti ma anche risorse , come qualunque altra persona che vive la propria vita fuori dal carcere. Incontri di questo genere permettono agli studenti di andare oltre la semplice apparenza e il semplice stereotipo del criminale in carcere, ma concede una chiave di lettura più ampia per poter capire in maniera più approfondita la personalità di chi vive in carcere. Il nostro augurio è quello di poter continuare la pratica degli incontri tra studenti e detenuti non appena sarà possibile riprendere in sicurezza. Vi invitiamo a rimanere sintonizzati con Liberi Dentro - Eduradio, sia sul sito che sui canali social per non perdere alcun aggiornamento in materia di carcere a Bologna e in tutto il Paese. Pubblicato martedì 16 marzo 2021
Nel cuore della Bolognina, area oramai sempre più rigenerata, si trova il Polo Albani, un complesso di più edifici poco distanti fra loro, che include quattro differenti servizi: il Servizio Mobile di Sostegno (SMS), il Servizio Bassa Soglia (SBS), Help Center e Happy Center, tutti gestiti dalla Cooperativa Piazza Grande. E’ all’interno del Polo Albani che a partire dall’anno scorso, in piena pandemia, si è deciso di sviluppare un progetto basato sul lavoro di comunità sia insieme alle persone senza dimora che con i cittadini. E'per questo che vogliamo approfondire proprio questo aspetto, soffermandoci sulle dinamiche e i vantaggi che hanno permesso la realizzazione di tale progetto. Lavoro di comunità nel Polo Albani: nascita del progetto Ciò che ha portato ad una riflessione e ha determinato la svolta decisiva per la nascita del lavoro di comunità come progetto è stata proprio l’emergenza sanitaria causata dalla pandemia del 2020. Le persone senza dimora infatti, non avendo più luoghi pubblici in cui recarsi e dove poter coltivare relazioni sociali a causa delle norme vigenti, hanno cominciato a vivere Help Center e il servizio SBS come luoghi canonici di ritrovo, pur non avendo quella funzione. Gli operatori dei servizi in questione si sono ritrovati a lavorare in un contesto di piena emergenza e di affollamenti, così hanno capito che urgeva un cambio di rotta. Da questo bisogno si è deciso nell’autunno 2020 di intraprendere un approccio di comunità che includesse tutte le persone del quartiere, senza distinzioni tra senza dimora e con. In questo senso,dunque, la vera svolta è stata quella di cambiare il modo di lavorare con le persone, portando l’ottica del Polo Albani basata sul lavoro di comunità anche al vicinato e dunque alla cittadinanza. L’inizio del progetto ha visto gli operatori organizzare riunioni di vicinato per puntare su un mirato lavoro di vera e propria mediazione tra le persone. Grazie all'aiuto di una bacheca le persone avevano la facoltà di scrivere i problemi che riscontravano all’interno del vicinato così da delineare una panoramica e capire quali linee d’azione si potevano intraprendere per risolverli. Nel concreto, l’obiettivo primario per gli operatori era dunque quello innanzitutto di presentarsi al vicinato, poi di farsi conoscere e infine di trovare le soluzioni alle problematiche emerse agendo su due livelli: quello emergenziale, che appianava i problemi nell’immediato, e sul lungo periodo con proposte che andasse a migliorare il modo di vivere all'interno del condominio L’importanza di Happy Center: il centro del Polo Albani Tra i quattro servizi elencati in precedenza che formano il Polo Albani, Happy Center è indubbiamente il punto di riferimento e fulcro del progetto basato sul lavoro di comunità. Questa struttura infatti è concepita proprio come un laboratorio di comunità aperto a tutta la cittadinanza ed è inoltre un luogo che si connette con le differenti realtà della Bolognina, tanto da diventare un luogo di ritrovo e di socialità per le persone del quartiere. All’interno di Happy Center vengono sviluppate diverse attività, tutte in sicurezza, che molto spesso non vengono solo proposte dagli operatori, ma anche dai partecipanti stessi, con l’obiettivo di scambiarsi competenze e lavorare sul gruppo, non sulle singole persone. Alcune delle attività che riscontrano più successo e partecipazione sono le seguenti: - Laboratorio di conversazione italiano-inglese - Laboratorio di pasta fresca - Laboratorio musicale - Laboratorio di restyling Il riscontro del vicinato: ecco i vantaggi del lavoro di comunità Ciò che si è rivelato davvero sorprendente è stato il fatto di vedere così tanta partecipazione da parte della gente del vicinato. Individui che non si erano mai conosciuti hanno finalmente avuto l’occasione di condividere situazioni e problemi, cercando insieme delle soluzioni per risolverli. E’ nata la possibilità di un confronto che prima non esisteva e che adesso si è rivelata una ventata di freschezza , poiché fornire l’occasione di poter discutere insieme di tematiche comuni è molto utile ai fini di una sana relazione nel vicinato Le situazioni di violenza, degrado e sporcizia sono le problematiche più ricorrenti che sono state affrontate dagli abitanti della comunità e che, attraverso un processo di integrazione e conoscenza reciproca, sono in procinto di essere appianate nel corso dei prossimi mesi, non appena termineranno gli stop imposti dalla situazione sanitaria. Infatti sono in programma alcuni interventi mirati, come ad esempio la cura delle aree verdi o la creazione di una compostiera a disposizione di tutto il Polo Albani Il progetto in sostanza mira a costruire e a creare strumenti di dialogo per garantire il senso di comunità tra le persone del vicinato. L'obiettivo finale del lavoro di comunità nel Polo Albani è quello di trovare risorse e soluzioni insieme alle persone del Polo stesso, che presuppone tempo e un discreto carico di lavoro, ma che nel lungo periodo offre specialmente due vantaggi: - La partecipazione e la presenza degli abitanti del Polo scoraggia determinate attività non lecite, come il deturpamento delle corti, delle aree verdi e atti di violenza - Grazie al coinvolgimento attivo delle persone i servizi del Polo assumono un valore sociale diverso perché vengono percepiti come opportunità non più come imposizione, creando quindi unione tra servizi e cittadini Vedere come anche in un contesto complicato a causa della pandemia le persone di un quartiere riescano a interagire tra loro e a risolvere conflitti e problematiche è a dir poco ammirevole. Siamo convinti che con il passare dei mesi il progetto legato al lavoro di comunità possa solo migliorare, trovando sempre più consensi e adesioni da parte delle persone del Polo Albani. Vi invitiamo a non perdere i prossimi articoli di ASP Città di Bologna, per restare sempre aggiornati su tutto ciò che riguarda il servizio della Grave Emarginazione Adulta. Pubblicato lunedì 15 marzo 2021
Nel corso della puntata di Liberi Dentro - Eduradio, andata in onda giovedì 4 marzo, Caterina Bombarda ha posto l’attenzione su una questione di cui si sente parlare troppo poco spesso. Parliamo della detenzione femminile nelle carceri d’Italia. Durante la puntata in questione è stata messa in luce una tematica pubblicata su Donna Magazine, quotidiano d’informazione online, che sottolineava gli stereotipi e le discriminazioni che purtroppo esistono nelle carceri femminili. Nonostante le recluse rappresentino solo il 4% della totalità delle persone ristrette in Italia, le discriminazioni di genere esistono eccome e si verificano in diverse modalità. Gli abusi, le violenze e il sessismo infatti esistono anche dietro le sbarre e le donne devono conviverci quasi tutti i giorni. Si tratta di discriminazioni che riguardano la disparità durante la custodia cautelare, o il fatto che gli istituti che riguardano esclusivamente la detenzione femminile in Italia siano solo cinque. E anche se esistono le strutture alternative, come gli istituti di custodia per le madri, queste sono comunque troppo esigue: tre in tutto il Paese. Senza contare il fatto che in Italia esiste il pregiudizio culturale secondo cui quando si pensa ad una donna reclusa in carcere si associa subito questa donna ad una prostituta, oppure alla cattiva madre o cattiva moglie che ha bisogno di essere rieducata in carcere per poi tornare al suo ruolo “originario”. Essendoci appena stata la festa della donna ci sembra giusto ricordare quanto questi siano pregiudizi e rappresentino comportamenti assolutamente privi di fondamento nella grande maggioranza dei casi, e di come l’integrità di una donna non si possa misurare in base alla propria condizione di reclusa o alla pena che deve subire. Vi invitiamo a rimanere sintonizzati con Liberi Dentro - Eduradio, sia sul sito che sui canali social per non perdere alcun aggiornamento in materia di carcere a Bologna e in tutto il Paese. Pubblicato martedì 9 marzo
L’8 marzo è oramai diventata in tutto il mondo la data emblema per quanto riguarda la celebrazione della donna: una data che simboleggia la giornata internazionale della donna a 360 gradi, o almeno così dovrebbe essere. Ci sono donne però che troppo spesso vengono sottovalutate e lasciate ai margini della società, persino in un giorno così importante per il genere femminile: parliamo delle donne senza dimora che subiscono violenza. Ed è proprio nella giornata dell’8 marzo 2021 che a Bologna si è deciso di inaugurare un nuovo progetto pilota basato esclusivamente sulla difesa delle donne senza dimora vittime di un vero e proprio “genocidio di genere”: Shelt(H)er. Quali servizi vede coinvolti e a chi si rivolge il progetto Il progetto in questione vede coinvolte nello specifico tre entità che lo hanno reso possibile: l’Associazione MondoDonna Onlus, capofila del progetto; Società Dolce, partner operativo, e ASP Città di Bologna come soggetto coinvolto. L’auspicio di questo progetto pilota, nel tempo, è quello di riuscire a coinvolgere a livello trasversale tutti i servizi territoriali che si occupano di violenza, maltrattamenti e di donne senza dimora, coinvolgendo anche la cittadinanza attraverso interventi educativi a partire dai bambini, fino ad arrivare agli anziani. Per questo è necessario sviluppare un reale pensiero attraverso la sensibilizzazione, la formazione e l'informazione sia degli addetti ai lavori che dei cittadini Ciò che deve essere sviluppato nel tempo consiste in un programma politico e culturale nel quale va messo al centro il dialogo, il rispetto, la capacità delle donne di non subire e degli uomini di ascoltare, affinché la questione della violenza di genere trovi una reale attenzione nelle agende politiche di questa città e di questo paese Come accennato in precedenza, tale progetto si rivolge essenzialmente alle donne senza dimora che sono vittime di violenza, dove per violenza però non si intende esclusivamente quella fisica. Esistono purtroppo ben altre sfumature di violenza che non sempre sono facili da capire e denunciare, tra queste le violenze verbali, ricattatorie e psicologiche, solo per citarne alcune. Obiettivi del progetto pilota Il tema della violenza di genere è una questione che nel sistema della Grave Emarginazione Adulta era tenuto in considerazione ma non aveva ancora un focus e un’attenzione particolare. L’idea di questo progetto pilota è nata proprio dalla voglia di creare un’azione progettuale riguardo una sfera assai fragile: quella delle donne senza dimora vittime di violenza che vivono una situazione di grave rischio. Per quanto le strutture operative siano attente e funzionali, a volte esse non hanno tutti gli strumenti per cogliere le sfumature della violenza che le donne accolte subiscono.. Il problema di fondo è dunque quello di individuare nel più breve tempo possibile gli indicatori di una possibile violenza, lavorando a stretto contatto con le equipe e i servizi territoriali per capire quali donne hanno bisogno nell’immediato di un aiuto. L’obiettivo primario del progetto è quello di partire dagli ultimi, o meglio, dalle ultime, andando a scandagliare le situazioni di strada e di prossimità, poiché è proprio da queste situazioni che spesso partono e si consumano veri e propri drammi. Si cercherà dunque di sostenere le donne senza dimora vittime di violenza attraverso tre azioni: - Sviluppo di una metodologia innovativa - Sperimentazione di un modello di intervento multidisciplinare per la prevenzione ed emersione tempestiva - Presa in carico di donne vittime di violenza che si trovino in uno stato di grave vulnerabilità a causa dell’estrema deprivazione economica e sociale in cui sono costrette a vivere Le azioni progettuali messe in campo dagli attori protagonisti di Shelt(H)er Grazie alla consolidata esperienza nei rispettivi ambiti di intervento, ovvero contrasto alla violenza di genere e supporto alle vittime di violenza (MondoDonna) e contrasto alla grave emarginazione adulta (Società Dolce), si intende sperimentare un modello di intervento pluri-professionale basato sulla condivisione e rispettiva contaminazione delle competenze tecnico-professionali da parte delle équipe di operatori in capo alle due realtà partner. Nello specifico sono cinque le azioni che verranno finalizzate: - Coordinamento e monitoraggio delle azioni da parte di MondoDonna, con i preziosi contributi di Società Dolce e ASP Città di Bologna, Ente erogatore individuato dal Comune di Bologna - Realizzazione di una preliminare ricerca-azione che permetta la mappatura dei luoghi e dei servizi di accoglienza/di prossimità e l’analisi dei bisogni e delle necessità, con riferimento alle donne senza dimora che sono o sono state vittime di maltrattamenti e di qualsiasi altra forma di violenza - Formazione e aggiornamento delle competenze degli operatori pubblici e privati. L’azione porrà le basi sul precedente lavoro di reciproco scambio tra le équipe delle due realtà partner: da un lato sui temi della violenza di genere contro le donne, dall’altro sulla presa in carico di donne senza dimora, per condividere metodologie e azioni in essere per l’assistenza di donne senza dimora e di donne vittime di violenza - Sperimentazione di uno sportello mobile antiviolenza presso centri di accoglienza temporanea GEA, offrendo alle donne uno spazio di ascolto privo di giudizio in cui trovare accoglienza e comprensione da parte di operatrici formate - Realizzazione di materiale di informazione e sensibilizzazione per una capillare diffusione delle informazioni fondamentali per l’accesso ai servizi di aiuto per donne sul territorio Ci auguriamo vivamente che questo giorno possa rappresentare un punto di svolta in materia di prevenzione alla violenza contro le donne senza dimora. Non perdete dunque i prossimi articoli su ASP Città di Bologna, così da restare sempre aggiornati su questo argomento che ci sta particolarmente a cuore. Pubblicato lunedì 8 marzo 2021

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