La storia di Saidou è quella comune a tanti. Uno sbarco clandestino su un barcone, in piena notte, insieme a migliaia di compagni di viaggio. Il viaggio della speranza per allontanare il fantasma della guerra tra etnie locali in lotta da tempo. Saidou ha 28 anni ed è scappato da Conakry, una città della Guinea, dopo aver preso parte attiva alle lotte tra Malinké e Peul. Prima di arrivare a Palermo nella notte del 9 luglio del 2014, ha dovuto raggiungere la Libia pagando circa 1700 euro. Nel suo Paese ha lasciato la giovane moglie Binta, che lo ha reso padre di Moahammed Icahirou, di sei anni e di Zenabou, una bimba di quattro anni. Purtroppo, li “vede” crescere nelle fotografie ricevute sul cellulare e li “sente” solo in qualche occasione speciale.
Saidou si augura di poter avere un lavoro che gli consenta di vivere con dignità in Italia e di essere raggiunto dal resto della famiglia. A Bologna ha trovato rifugio prima presso l’Hub regionale in via Mattei e poi presso il Centro di Accoglienza e Soccorso di ASP in Via del Milliario. Ricorda le difficoltà della convivenza legate anche alle azioni più semplici come quella del mangiare e del dormire, spazi da condividere con gente che seppur bisognosa come lui, è diversa e sconosciuta. Bologna è anche la città dell’attesa e della speranza; del tempo che lo separa dall’ottenimento di un permesso di soggiorno per cominciare a percorrere la via dell’autonomia e di una concreta possibilità di lavoro.
Saidou è un sarto. I suoi strumenti sono il metro, una matita per i bozzetti, la forbice e la macchina da cucire. É così che riempie quel tempo, dando senso al “vuoto” che prolungandosi diventa pesante da sopportare. Comincia a disegnare abiti di stile africano, taglia, cuce, ma soprattutto lo fa sapere: si fa conoscere, accetta scampoli, spezzoni di stoffa. E’ l’inizio di ottobre quando uno spazio vicino all’ingresso principale del Centro Servizi Lercaro viene adattato come laboratorio di sartoria.
Grazie a lui e a Malik, un altro giovane sarto africano, quel corridoio-magazzino prende vita, si popola di risate, conversazioni in francese e musiche africane trasmesse da un vecchio registratore a musicassetta che i ragazzi recuperano tra le altre cose ferme da troppo tempo. Nel laboratorio cominciano ad arrivare i primi “clienti” tra cui qualche anziana ospite, operatori, amici africani che chiedono riparazioni e qualche abitino nuovo. Il patto è semplice: Saidou e Malik accettano un’offerta in euro senza stabilire un prezzo. La giornata trascorre lenta e laboriosa, scandita dal momento del pasto e dalla preghiera individuale.
Capita di scambiare qualche parola ogni giorno, all’inizio, alla fine del turno e durante i vari passaggi nel corridoio-laboratorio. Decidiamo di allenarci in piccole conversazioni in cui spesso ricorre il tema delle giovani belle ragazze e della voglia di divertirsi e fare festa.
Saidou e Malik sono mattinieri, puntuali e rimangono fino a sera in struttura. Sopra tutto, resta il pensiero di trovare una casa e un lavoro più strutturato, non basato sulle offerte.
A due anni dall’arrivo in Italia, finalmente Saidou ottiene il permesso di soggiorno. Con l’aiuto di una operatrice della Caritas, riesce a trovare una casa. Ora i suoi luoghi sicuri, ma pur sempre temporanei, sono due: la casa e lo spazio in cui esprimersi come sarto.
Oggi Saidou è da solo al Centro Servizi Lercaro, perché Malik ha preferito cercare un futuro altrove. Nuovamente in viaggio in un mare che ancora non traghetta verso destinazioni certe.
Tratto dal periodico di informazione di ASP Città di Bologna_Mosaico News nr. 1/2016