“Il benessere delle persone fragili, di coloro che vivono lontano dai nuclei familiari perché non autosufficienti, è intimamente collegato anche alla loro sfera emotiva.
Il malessere delle persone che vivono lontano dai familiari incide profondamente su chi li ama, soprattutto se non c’è la possibilità di star loro vicini.”
 
È in questo contesto che è partito il progetto di supporto per i familiari delle CRA colpite dall’emergenza Covid 19. Il progetto, fortemente voluto da ASP, è iniziato a metà aprile 2020 ed è stato implementato all’interno delle strutture di Saliceto ed Albertoni che, in quel momento, presentavano al loro interno “zone rosse”. La pandemia ci ha catapultati all’interno di un labirinto fatto di difficoltà e incertezze. Il progetto ha rappresentato il tentativo di gettare un filo per non perdersi e mantenere vivo il legame e la comunicazione fra ospiti, famiglie ed istituzione.
Nel progetto sono state coinvolte cinque psicologhe, tre che già collaborano con ASP e due esterne, una di queste, quella più esperta e senior con ruolo di coordinatrice.
 
Due psicologhe sono entrate nelle CRA a diretto contatto con gli ospiti e con gli operatori, permettendo scambi diretti con i familiari tramite videochiamate e riportando personalmente gli incontri avvenuti con gli ospiti. Le altre due hanno contattato i familiari telefonicamente, accogliendo i vissuti di ansia, preoccupazione e rabbia e comunicando direttamente le richieste alle strutture. Sono stati contattati anche alcuni amministratori di sostegno e assistenti sociali di anziani che non hanno una rete familiare alle spalle. Il coordinatore, oltre ad essere sempre disponibile per il pool e per i committenti, ha avuto il compito di contattare i familiari degli ospiti deceduti.
Durante il lavoro all’interno della struttura, è stato costante il confronto con i responsabili, le RAA, i medici e gli animatori di tutti i reparti, per cercare di gestire al meglio la comunicazione con i familiari.
 
I familiari hanno accolto positivamente le telefonate, ritenendole utili sia per contenere le loro preoccupazioni, sia per filtrare direttamente in struttura le loro richieste. I bisogni ravvisati nell’arco del tempo sono variati. All’inizio emergevano vissuti di ansia, preoccupazione, rabbia dovuti al mancato contatto con i propri cari, ma spesso anche gratitudine per il lavoro svolto dalla CRA . Stessi vissuti sono emersi anche tra i familiari degli ospiti che ci hanno lasciato. Le richieste che maggiormente emergevano erano di effettuare videochiamate, di sapere quando avrebbero potuto rivedere in presenza il proprio caro e di avere maggiori informazioni sanitarie. Circa il 90% dei familiari ha avuto modo di fare brevi cenni sulla storia di vita del proprio caro o sul decorso della malattia dementigena o dell’evoluzione dell’invecchiamento; in questo modo si è tenuto vivo e caldo il legame con l’Istituzione, da una parte, e anche, indirettamente, con il proprio caro.
Il progressivo incremento dei contatti con la struttura e delle videochiamate, fino alla ripresa delle visite in presenza, hanno migliorato la situazione emotiva dei familiari. Rimane ancora difficile accettare di non poter abbracciare e toccare i propri cari, canale comunicativo elettivo per molti anziani, soprattutto quelli con deterioramento cognitivo.
 
L’isolamento sociale, l’interruzione delle attività e della routine sono state esperienze difficili che hanno segnato gli ospiti e gli operatori così com’è stato particolarmente traumatico per i familiari vivere l’esperienza del distacco o della perdita dei propri cari. Anche per fronteggiare l'attuale nuova ondata di contagi, questo progetto pilota ha messo in evidenza l’importanza di curare la relazione tra famiglia e istituzione, elemento che influenza il benessere dell’ospite e sostiene il senso di appartenenza ad una comunità che si prende cura delle persone anziane, che rappresentano le nostre radici e la nostra storia.
 
 
Pubblicato il 19/11/2020
 
Tratto da ASPNEWS_3_2020.pdf