"I bachi “I bigat” del Centro sociale ricreativo culturale Il Mulino
Dal XII secolo l’Italia fu la maggior produttrice europea di seta. L’allevamento dei bachi fu un importante reddito per l’economia agricola. La produzione di bozzoli in Italia cominciò a declinare nel periodo tra le due guerre mondiali fino a scomparire dopo l’ultima a causa della produzione di fibre sintetiche e del cambiamento dell’organizzazione agricola. Oggi la bachicoltura in Italia è praticamente scomparsa, poche aziende allevano bachi per una piccola produzione artigianale di nicchia o come esempio didattico.
Il baco “BIGAT” si nutre delle foglie dei gelsi: gelso bianco e gelso nero. Le sue uova (dette semenza) si schiudono tra la fine di aprile l’inizio di maggio, quando le foglie sugli alberi si sono completamente formate. Il baco si sviluppa attraverso delle mute (cambi di pelle). I bachi crescono fino a diventare lunghi 7/8 centimetri ed insieme a loro cresce la quantità di cibo necessaria e lo spazio occupato. Poi salgono al bosco, si arrampicano su mazzi di frasche secche dove cercano un posto sicuro per costruire il bozzolo e compiere la metamorfosi in crisalide.
Nelle zone del nord Italia, soprattutto in pianura, sono ancora visibili filari di gelsi a testimonianza della diffusione che quest’industria ebbe sul territorio. L’allevamento veniva curato nelle case dei contadini ed era affidato soprattutto alle donne e ai bambini.
Luciana
Era bello allevare i bachi. I bachi erano belli quando erano piccoli. Noi ragazze andavamo a “FAR LA FOGLIA”, a raccogliere le foglie di gelso per alimentarli. Quando era possibile una stanza della casa veniva destinata ai bachi che venivano sistemati sugli “ARLEN” (stuoie fatte di canne sottili). I bachi mangiavano molto almeno due volte al giorno! C’era tanto da lavorare perché andavano anche puliti spesso. Gli escrementi li mettevamo sotto la vite per concimare. Quando crescevano cambiavano la pelle. Erano belli così bianchi in mezzo alle foglie verdi!
Bruna
Per me erano brutti! Mia sorella era piccola, andava sotto le “ARELLE”, li prendeva con le manine li metteva in bocca! Noi andavamo all’Olmo a raccogliere le foglie dei gelsi. I gelsi erano anche in mezzo alle piantate, servivano per sostenere le viti. “IN TESTA” alla piantata invece c’erano gli olmi e noi raccoglievamo le foglie per le mucche. Per fare la foglia indossavamo le manichette, per proteggere le braccia. Dei gelsi si mangiavano anche i frutti; le more erano belle e buone! Era tutto molto bello!
Faustina
Mia cugina allevava i bachi, per avere un po’ di soldi per i suoi bambini; io l’aiutavo. A volte si prendevano i bachi già nati, poi si dava loro da mangiare: più gli davi da mangiare più crescevano! Altre volte le uova venivano messe in una tela disposta sul seno e col calore del corpo si facevano schiudere le uova.
Nara
La mia mamma andava a raccogliere le foglie con la sacchetta, quella che serviva per spigolare. Il padrone degli alberi non voleva che prendessimo le foglie perché l’albero pativa; se arrivava ci sgridava.
I bachi mi piacevano solo quando erano piccoli, dopo no. Una volta mio padre, per scherzare, mi mise un baco grande sul collo ed io mi impressionai moltissimo.
Arturina
Quando andavamo a “FAR LA FOGLIA”, uno di noi restava di guardia e ci avvertiva se arrivava il padrone col calesse così potevamo scappare! Qualcuno però allevava i bachi per conto del padrone ed era autorizzato ad usare le foglie.
Bruna
I bachi ci mettevano qualche giorno per finire il bozzolo. Una volta pronti li mettevamo a bollire: più si facevano bollire e più era semplice filare. Per poter lavorare la seta, bisognava usare più fili assieme perché erano lunghi ma molto sottili.
Ivonne
Mi ricordo che la mia mamma mi fece un 'giubbino' con la seta dei bachi, era bellissimo, mi piaceva tanto. Per farlo bisognava bollire i bozzoli, farli asciugare, filarli, poi si mettevano insieme più fili per ottenere un filo più robusto e si lavorava con i ferri. Il 'giubbino' che mi fece la mia mamma era giallo. Il baco faceva il bozzolo, poi a primavera usciva la farfalla e la mettevamo su una tela vecchia dove faceva le uova. Dalle uova nascevano i “BIGATTINI”… erano tanti! Li mettevamo sulle “ARELLE” e davamo loro da mangiare le foglie di gelso. I “BIGATTINI” mangiavano e crescevano, mangiavano e crescevano; mangiavano tanto, giorno e notte… Noi lasciavamo la luce accesa di notte, mettevamo la “LUMIRA” della stalla. Si sentiva il rumore che facevano mangiando: cri, cri, cri…
Poi arrivava il momento della “GRASSA”; i bachi mangiavano di più, diventavano quasi trasparenti, gialli. A quel punto si mettevano dei rami di albero, delle fascine e i bachi cominciavano a produrre il filo, si mettevano in un angolo, si chiudevano dentro e stavano lì fino alla schiusa.
Una parte dei bozzoli la tenevamo per le uova, gli altri bozzoli venivano bolliti nel paiolo e asciugati su una rete (noi usavamo una rete da letto). Dopo li mettevamo in un sacco e la mamma e la zia li portavano a Bologna, a una signora che aveva un negozio al Pavaglione. Si andava a Bologna in bicicletta, con i sacchi sull’ASSINO. I bozzoli tenuti per le uova venivano messi nella “RUOLA” del camino caldo, a primavera usciva la farfalla e ricominciava il ciclo. Andavamo a raccogliere la foglia dei gelsi in Via Vietta e anche alla Rizza.