"La risaia un lavoro faticoso alleviato dal canto corale" del Centro sociale ricreativo culturale Il Mulino
Le risaie ebbero grande estensione e furono produttive durante tutti gli anni ’50 poi gradatamente ridotte perché la coltivazione del riso non era più conveniente.
Le mondine ricordano: si cominciava all’età di 14/15 anni. Qualcuna barava sull’età per poter cominciare prima. Ogni giorno lavoravamo dalle 8 alle 10 ore, ci recavamo al lavoro in bicicletta, chi l’aveva, entravamo nell’acqua con i piedi nudi e dovevamo stare piegate o per trapiantare le piantine o per eliminare l’erba infestante “giavon” molto simile al riso che solo un occhio esperto poteva riconoscere ed estirpare; da qui il nome MONDINE o MONDARISO.
Una fase importante è il trapianto. Le piantine nel semenzaio erano molto fitte; venivano sfilate, si facevano dei mazzetti che venivano lanciati nella piana. Ognuna delle mondine prendeva un mazzetto ed interrava le piantine alla giusta distanza dopo aver fatto un buco nella terra con un dito, camminando all’indietro per non pestare il riso già trapiantato.
Un’altra fase importante è la monda che durava circa 40 giorni e si guadagnava poco, però dava un pò di sicurezza.
I caporali sorvegliavano le mondine ed erano molto severi. Durante il lavoro non si poteva parlare perché le chiacchiere lo avrebbero rallentato; per poter comunicare è nato allora il canto che spesso era un vero e proprio dialogo presentato sotto forma di canto. Il canto era concesso perché dava ritmo al lavoro quindi produttività. Negli anni 1947-48 e 49 le mondine fecero molte lotte per migliorare le condizioni di lavoro.
L’idea di valorizzare l’area dell’ex risaia e di realizzare una zona umida come la vedete oggi nasce negli anni ’80. Si sono volute creare le condizioni adatte per il rifugio, la sosta e la riproduzione delle specie di animali che vivono nelle zone umide di acqua dolce.