"Un pericolo per il mio corredo" di Angiolina Poli

 

Io avevo venticinque anni durante la Seconda Guerra Mondiale, con la mia famiglia dovemmo sfollare lungo la Valle dell'Idice (quella che porta a Monterenzio e Monte delle Formiche). Insieme ad altri sfollati scoprimmo una vecchia fornace in disuso, così pensammo di seppellire le nostre cose migliori o la roba a cui tenevamo di più. Io nascosi il mio corredo sapendo che mi dovevo sposare al termine della guerra. Eravamo abbastanza tranquilli perché in questa valle dicevano che non ci sarebbero stati dei bombardamenti perché era stretta, ma i tedeschi ritirandosi si appostarono in tutte le case coloniche disponibili.

Intanto dall'altra parte del fiume Idice presso un contadino si appostò con il telegrafo un piccolo comando tedesco. Furono scoperti dagli americani che un giorno vennero a bombardare. Io mi trovavo proprio sotto la linea di fuoco col mio babbo dopo aver recuperato il mio corredo. Vedevo le bombe sganciate dall'aereo. Colpirono proprio quel comando. Rimasero seppelliti due tedeschi. Il comandante radunò tutti gli uomini in grado di scavare, tra cui mio padre, e quando finalmente scoprirono i corpi ci lasciarono liberi di riprendere la strada del ritorno, sempre col carrettino che aveva in cima il mio corredo. Arrivammo a Bologna, dove trovammo un commando tedesco che non permise di entrare in città durante il coprifuoco, dalle sette di sera alle sette del mattino. Stremati per tutta la strada fatta a piedi, sempre col mio corredo e con il cuore in gola tornammo indietro. Ripercorremmo la Valle dell'Idice, dove  fortunatamente trovammo una casa colonica e chiedemmo ospitalità.

Entrammo in una grande cucina, mi ricordo che loro avevano già finito di cenare, ci offrirono un po’ di pane e un bicchiere di vino, ma non avevano letti perché ospitavano già i tedeschi. L'unica soluzione erano le due seggiole vicine accostate al focolare con le braci ancora accese. Io e mio babbo ci abbracciammo, in attesa di passare la notte, ma all'improvviso sentimmo qualcuno scendere dalle scale; era un ufficiale tedesco che ci salutò con una battuta di tacchi, si accostò ad un pianoforte e suonò alcune melodie, Rosamunda e Lilì Marleen. 

Arrivò il mattino, riprendemmo la strada del ritorno e finito il coprifuoco potemmo finalmente entrare nelle porte di Bologna. Il mio fidanzato tornò dalla prigionia e ci sposammo.  La prima notte di nozze misi la mia camicia da notte più bella, le lenzuola ricamate al calore di un caminetto acceso. Dopo tante peripezie questo corredo ha trovato la sua sistemazione e ci ha fatto compagnia nelle occasioni più belle della mia famiglia: nascite, matrimoni, battesimi. Il corredo si è consumato felicemente.

Io sono ancora qui all'età di novantasei anni con mio figlio minore, felice di questi ricordi.