di Francesco Penta (animatore) e Raffaella Ansaloni (Coordinatrice del Centro Servizi)
 
Mentigrafie non è stato un semplice laboratorio pittorico per anziani con demenza, ma un’esperienza di contatto con le emozioni pure, che sono la parte meno toccata dalla malattia e che restano centrali in tutti i soggetti coinvolti. Da qui il desiderio di dare forma al sentire dell’anziano demente attraverso un gesto pittorico irregolare, vorticoso ed astratto che sfoga energia, libera ed istintiva. Dalla fine del mese di maggio, le perfomance dei nostri anziani si sono trasformate in un meraviglioso puzzle che campeggia nel soggiorno del Nucleo specializzato Melograno, presso il Centro Servizi Giacomo Lercaro (via Bertocchi 12, Bologna), grazie al magistrale intervento del pittore Marco di Mauro.

Marco è un artista di straordinaria creatività, sensibile alla rappresentazione di volti femminili, “raccontati” nelle loro corde più intime mediante una pittura veloce, quasi irrazionale, a tal punto emotiva da condurre l’osservatore in una dimensione riflessiva e spirituale. Lo abbiamo conosciuto in occasione della festa delle donne, svoltasi l’11 marzo scorso, quando si è voluto omaggiare le festeggiate con la realizzazione estemporanea di due quadri a tema. Tra le esperienze professionali, Marco contempla anche quella con anziani affetti da demenza e con disabili adulti, perciò abbiamo deciso di coinvolgerlo attivamente nel laboratorio Mentigrafie.
 
Fin dal primo incontro una magica alchimia ci ha elettrizzati: vedere anziani come Rosa, Antonio, Giulio o Emilia che, generalmente, non producono perfomance in attività manuali standard, muovere liberamente le loro mani sui cartoncini colorati e trasformare la tempera in una vera e propria opera d’arte astratta è stata una sorpresa pregna di emozione per tutti noi che ogni giorno spendiamo gran parte della giornata cercando di tirarli fuori da forme d’isolamento cui sarebbero costretti dalla malattia nella fase più avanzata.
Il contatto con il colore e il desiderio di stare insieme per condividere il tempo della fantasia si sono trasformati in un appuntamento atteso, che raduna attorno al lungo tavolo anche familiari e operatori non interessati a guardare soltanto, ma volenterosi di partecipare in modo attivo. E’ così che l’inatteso diventa reale.
 
Dopo il primo incontro conoscitivo, è nata l’idea di realizzare come opera finale il puzzle: composto da 200 tessere in compensato, non interamente figurativo né totalmente astratto. Le tessere di legno sarebbero poi state assemblate in una “tela” di 6/8 pezzi e distribuite ai presenti per essere dipinte. Una volta asciutte sarebbero state scomposte e ri-composte dall’artista soltanto a fine percorso.
Fin dall’inizio la creatività di Marco si è lasciata permeare dalle parole, dai gesti e dalle emozioni di ogni anziano con cui ha interagito in un avventuroso viaggio nella demenza. Ciò che nel mondo dei “sani” risponde alla logica e alla coerenza, nel mondo delle persone affette da demenza può subire un capovolgimento espressivo, una trasfigurazione del reale, una frammentazione del senso convenzionale delle cose, ma non per questo privo di significato e di sentimento. Così in Mentigrafie il viso di Martino è a testa in giù, la Chiesa del Poggetto di Nerina sottosopra, il treno di Nunzia viaggia in verticale come fosse un missile pronto a raggiungere la luna e la composizione di frutta di Margherita si scompone in più parti; ogni tessera diventa simbolo dell’interiorità, latente e/o inespressa, che agisce in ogni persona e che nemmeno la patologia cancella del tutto.
 
Anche nella persona con demenza, infatti, le forme e i colori restano intriganti, luminosi e belli; pur non avendo più una denominazione precisa, sono ancora in grado di meravigliare e sostenere l’attenzione; di far esprimere gusti, opinioni e sensazioni del momento.
Così Augusto è tornato a dipingere come spesso ha fatto durante la sua vita, ma sperimentando, in questa particolare occasione, l’esperienza di un’opera di famiglia: seduto attorno al tavolo insieme a lui c'erano due figli a guidarlo nell’esecuzione, lasciandolo libero di condurre il “gioco” come farebbe un maestro con i suoi allievi. Augusto sorride, contento di poter stare con loro dopo un inverno difficile; gli sguardi ora più distesi si concentrano sul lavoro, colorano il foglio di sensazioni ed emozioni che trasformano, gradualmente, una nave dei pirati sull’oceano in un’ampia macchia di colore brunastro segnata da sottili solchi realizzati con le dita delle mani.
 
Spesso le mani si trasformano in pennello e lavorano con energia, come se ogni movimento fosse il pezzo di un racconto immediato, che moltiplica le interpretazioni ed esclude la comprensione unica. Altre volte la mano si trasforma in originalissima tela, come nel caso di Alfonsa che si spennella attentamente ogni polpastrello con un brillante colore argento; o come nella scelta dell’operatore socio sanitario Lucia che si colora le mani di rosso e di verde per imprimerle sul suo pezzo d’opera.
 
Chi è in carrozzina può contribuire di mano propria dipingendo sui cartoncini sistemati, ad altezza adeguata, su cavalletti aerei realizzati con spago e grucce per abiti che scendono dal controsoffitto del nucleo.
Siamo al terzo incontro quando il puzzle riceve il tocco di Idana, che decide di accettare l’esperienza della pittura superando l’ansia di non essere capace e raccontando di come il colore azzurro e il bianco, con cui sceglie di dipingere le sue margherite, abbiano orientato sempre i gusti nell’abbigliamento personale e negli accessori. Quel bianco che per lei rappresenta la purezza, per Marco fa “saltare fuori” i fiori che, ora col tocco dell’artista, sembrano svolazzare in un cielo azzurrino, veloci come le nuvole spinte dal vento.
Agli occhi di un osservatore esterno si avverte l’assenza temporanea della sofferenza e del disagio. Quel che importa è stare e fare insieme, senza ansia prestazionale e ignari del progetto che prende sempre più forma nella mente del pittore. Agli anziani, al massimo, si chiede cosa piacerebbe loro colorare o dipingere e quando questo non sortisce risposta si mettono a disposizione i colori nella massima libertà di utilizzo. A quel punto, anche le meravigliose macchie realizzate da Alma, di 101 anni, “sono proprio belle queste qui, perché sono mie!”. Ogni risultato entusiasma ed incita a continuare così che, nell’arco di un’ora e mezza, quel gesto ripetitivo della “macchia” diventa un vero e proprio rituale da ripetere in ogni appuntamento. Esserci e mantenere un livello di attenzione sostenuta nell’attività è un obiettivo eccezionale in alcuni casi come quello di Gianna, che contiene il wondering (“camminare senza meta”) in carrozzina per quasi tutta la durata di ogni incontro, o quello di Marisa che accetta di uscire dalla camera dopo una lunga assenza nel gruppo a causa del suo disturbo comportamentale legato all’umore.
 
Mercoledì 27 maggio tutto è pronto per inaugurare il puzzle Mentigrafie con una festa finale in cui rendere visibili tutte le fasi del progetto, comprese le opere più rappresentative del primo incontro che trovano collocazione nell’originale Cortomentaggio2015, un grande rullino fotografico di cartoncino nero collocato di fronte al puzzle nella sala del Centro Servizi.
 
Ma dato che l’arte è un genio mai dormiente nasce l’idea di un’ulteriore performance: far dipingere con i piedi. Detto, fatto! La chitarra classica della musicoterapista Rosi accompagna la pittura a piedi nudi di Martino, dell’operatrice Gabriella e di Betta, moglie di un ospite del nucleo delle Gravi Disabilità Acquisite. I due pannelli di legno utilizzati, nel giro di pochi minuti, si trasformano in un’esplosione di colori, diventando Pensiero Mentigrafico puro ed accolgono letteralmente la gioia dell’anziano che, cantando in sardo, la invita a ballare.
 
Con Mentigrafie si realizza un concreto esperimento di animazione non tradizionale, centrato su obiettivi principalmente espressivi, che sono la risorsa più presente in molti anziani della Casa Residenza. Superando l’attività manuale standard, il laboratorio si costituisce come stimolante contesto aggregativo che include trasversalmente familiari e operatori in una partecipazione attiva accanto all’anziano.L’espressività, costantemente guidata sia dalla presenza dell’equipe sia dalla supervisione dell’artista, viene sostenuta anche da un’attività di stimolazione cognitiva informale, legata al riconoscimento/denominazione dei colori e all’attivazione dell’associazione oggetto/funzione da parte degli anziani più orientati.
Grazie al laboratorio Mentigrafie possiamo dirci felici di aver respirato al Centro Servizi Giacomo Lercaro un clima affettivo che ha il sapore di casa.
Da oggi un muro bianco di questa nostra casa è stato riempito con un “quadro” unico ed originale capace di raccontare, d’ora in poi, le vite che la abitano.
 
 
Tratto dal periodico di informazione di ASP Città di Bologna - Mosaico news n.ro 1/2015