di Riccardo Melis e Alessandra Varagnolo - musicoterapisti
“La Musicoterapia è l’uso della musica e/o dei suoi elementi all’interno di un processo definito per facilitare e promuovere la comunicazione, le relazioni, l’apprendimento, la motricità, l’espressione, l’organizzazione ed altri obiettivi terapeutici degni di rilievo, nella prospettiva di assolvere i bisogni fisici, emotivi, mentali, sociali e cognitivi.
La musicoterapia si pone come scopi quelli di sviluppare potenziali e/o riabilitare funzioni dell’individuo in modo che egli possa ottenere una migliore integrazione sul piano intrapersonale e/o interpersonale e, conseguentemente, una migliore qualità della vita attraverso la prevenzione, la riabilitazione o la terapia.” [World Federation MT, Amburgo, 1996].
Se questa è la più autorevole ed aggiornata definizione riconosciuta oggi, Oliver Sacks[1] sottolinea l’importanza di questa disciplina per le persone affette da demenza specificando che attraverso l’interazione con un terapeuta, la musicoterapia “cerca di rivolgersi alle emozioni, alle facoltà cognitive, ai pensieri e ai ricordi – insomma, al Sé sopravvissuto del paziente – per stimolarli e farli emergere. Mira ad arricchire e ampliare l’esistenza, offrendo libertà, stabilità, organizzazione e concentrazione […]. In questi pazienti la musicoterapia è possibile perché la percezione, la sensibilità, l’emozione e la memoria musicale possono sopravvivere anche quando altre forme di memoria sono scomparse da molto tempo”[2].
Se la musica ha di per sé un positivo effetto su tutti noi, anche l’emerito neurologo americano mette l’accento sull’importanza dell'interazione fra chi usufruisce dell’esperienza sonoro-musicale e il musicoterapeuta.
Oltre alla musicoterapia, in ambito geriatrico esistono altre applicazioni della musica e dell’elemento sonoro; fra queste la più frequente è l’animazione musicale.
E’ importante distinguere chiaramente i due tipi di intervento: obiettivo dell’animazione musicale è quello di creare una situazione di benessere in un contesto di socializzazione attraverso proposte musicali che costituiscono il contenuto dell’intervento stesso; in questo caso l’ascolto di musica con un riproduttore sonoro e l’uso degli strumenti musicali non possono essere ritenuti di per sé terapeutici.
La musicoterapia si pone come finalità il mantenimento e il miglioramento delle capacità residue (cognitive, affettive, senso-motorie, del linguaggio, di socializzazione, di consapevolezza) favorendo il riconoscimento e l’integrazione fra mondo interno e mondo esterno; costruisce un contesto/contenitore in cui l’anziano sperimenta il benessere inteso come la capacità di star bene con se stessi e con gli altri e si sente libero di poter esprimere i propri pensieri, emozioni e ricordi.
Per considerare terapeutico-riabilitativo un intervento che preveda l’impiego della musica sono indispensabili:
- La presenza di un musicoterapeuta qualificato
- Un modello musicoterapico e psicologico di riferimento
- La presenza di un setting strutturato
- Obiettivi legati al cambiamento di uno stato di disagio in essere
- Il riferimento ad un pianorelazionale tra paziente e terapeuta, il loro incontro fra identità sonoro-musicali e l’ascolto empatico dell’altro
La musicoterapia utilizza l’ascolto musicale per evocare ricordi o stati d’animo attraverso momenti di verbalizzazione di gruppo, facilitare il riconoscimento di ambienti o di momenti strutturati della giornata e, soprattutto nelle demenze, per ridurre i disturbi comportamentali migliorando il tono dell’umore e la socializzazione.
All’ASP il percorso di musicoterapia è iniziato nel novembre 2001 dalla struttura di Viale Pepoli ed è stato inizialmente rivolto a un gruppo di dieci persone, articolato in dieci incontri a cadenza settimanale. Questo breve ciclo è stato proposto anche nella sede di Via Saliceto, e ha continuato a ruotare fra le varie strutture dell’allora Ipab fino a diventare una realtà stabile in ognuna di esse.
Oggi, infatti, ogni struttura, sia CRA che Centri Diurni dell’ASP, mantiene l’attività di musicoterapia continuativa per tutto l’anno con percorsi della durata di quattro mesi per ogni gruppo, trattando cosi un elevato numero di ospiti ogni anno. Negli ultimi tredici anni hanno beneficiato di questa importante terapia non farmacologica persone con demenza senile, morbo di Parkinson, Alzheimer, afasia, malattie psichiatriche, deficit motori, disturbi dell’umore e della socializzazione.
L’attività è strutturata in cicli di quattro mesi ciascuno con sedute a cadenza settimanale della durata di 45 minuti. Una prima valutazione all’inclusione degli ospiti nel gruppo viene effettuata dalle RAA e dagli animatori di reparto che tengono in considerazione la propensione all’ascolto o al canto e la tolleranza alle attività di gruppo. Successivamente il musicoterapeuta, nelle prime 3 sedute di ogni ciclo, valuta la risposta dell’ospite allo stimolo musicale, la propensione al canto e all’utilizzo degli strumenti e, non ultimo, la disponibilità a mettersi in gioco.
Durante gli incontri vengono proposti ascolti di brani familiari al gruppo, preceduti e/o seguiti dalla verbalizzazione di pensieri, ricordi, sensazioni ecc; canto nelle varie forme (solo voci, con la base del brano, con accompagnamento strumentale); utilizzo degli strumenti musicali per favorire l’improvvisazione e la comunicazione non verbale.
CANTARE (canto attivo). L’attività vocale, individuale e corale, coinvolge i pazienti sia in apertura di seduta, mediante la melodia del saluto, sia nel corso della seduta, intonando canzoni note suggerite da qualche paziente o proposte dal terapeuta.
ASCOLTARE (canto recettivo). Oltre a consentire l’attivazione di un processo di comprensione, l’ascolto delle canzoni consente anche di approfondire gli aspetti emotivi suscitati negli ospiti: è una rievocazione delle emozioni che ciascuno associa a quella canzone, il ripetersi di un tempo vissuto, spesso scambiato con il presente a seconda del livello di compromissione cognitiva.
IMPROVVISARE (improvvisazione strumentale). Nelle improvvisazioni strumentali si lavora principalmente sui parametri sonori (ritmo, intensità, timbro e durata) con l’obiettivo di mantenere sempre attive le capacità di coordinamento motorio in pazienti spesso apatici e poco propensi al movimento, anche se con capacità deambulatorie non completamente compromesse. Il livello di attenzione dei pazienti viene mantenuto accelerando la pulsazione e incrementando l’intensità.
Riportiamo di seguito il vissuto e i commenti dei diretti interessati rispetto all’attività di musicoterapia.
Emilia ed Emma: “La musica è molto importante nella vita perché mette allegria, e di allegria si vive”
Peppino: “Quando ascolto la musica mi sento bollire, come qualcosa che ti sale dai piedi e ti tira su lo spirito”
Iride: “Venire qui serve alla memoria, a ricordare il nostro passato”
Anna: “Mi piace molto la musica, mi fa stare bene e ascoltare qui, l’opera in particolare, mi fa rivivere la gioventù di quando facevo la comparsa in teatro, e fa dimenticare i dispiaceri”
Lina: “Cantare è come pregare!”
Nella: “Venire qui ci aiuta a conoscere noi stessi, le nostre emozioni e a conoscere il pensiero degli altri”
Anna Eva riferendosi ai campanelli: “mi ricorda il suono di un regalo di mio padre di quando ero piccola”
Iolanda che prende sempre il tamburello: “ lo suonavo anche al teatro quando facevo la comparsa”
Mario riferendosi ai legnetti: "si sentono di più” (nell’insieme sonoro)
Desdemona riferendosi al tamburello: “mi piace il suono”
Alfredo riferendosi alla maraca: “ho solo una mano e mi piace il suono”
Luisa affezionata al cembalo “perché il suono è squillante e dà allegria”
[1] Medico, docente di neurologia e psichiatria alla Columbia University, autore di importanti scritti sulle reazioni del cervello alle esperienze umane, tra cui Musicofilia, racconti sulla musica e il cervello (edizione italiana trad. Isabella Blum), Adelphi Edizioni, Milano, 2010
[2] Op. cit. pag. 424