Da sempre la pratica della danza permea i legami sociali, accompagna i riti della tradizione, alimenta il benessere personale e collettivo. L’uso delle potenzialità terapeutiche della danza risale a tempi più recenti in cui si sono sviluppati vari metodi che utilizzano il movimento in modi più o meno strutturati, accomunati dal riconoscimento del legame che unisce mente e corpo e basati sul presupposto che a un miglioramento funzionale corrisponda un cambiamento sul piano psicologico.
Da tempo in Olanda si studia l’impatto salutare che la pratica regolare della danza può avere sul sistema neurologico, sulle prestazioni fisiche e nel rallentare la progressione della malattia di Parkinson. Proprio nei Paesi Bassi nasce il progetto “Dance and health with Parkinson”, portato successivamente in Italia dagli insegnanti del Centro per la Scena Contemporanea di Bassano del Grappa e presentato a Bologna all’interno del festival internazionale Gender Bender (dal 25 ottobre al 2 novembre a Bologna) con la collaborazione dell’ASP Città di Bologna.
Nell’ambito delle attività svolte presso i Caffè Alzheimer del progetto Teniamoci per Mano dell’ASP, si è svolto il progetto speciale “Oltre i confini del corpo danza per Parkinson”, articolato in tre incontri dimostrativi, condotti dagli insegnati del Centro per la Scena Contemporanea di Bassano del Grappa, ai quali hanno partecipato persone anziane con Parkinson, disturbi di memoria o deterioramento cognitivo, i loro familiari e varie figure professionali che operano nel settore.
Ho partecipato a uno dei tre incontri e mi ha particolarmente colpito l’approccio giocoso e attivante degli insegnanti, in grado di creare un’atmosfera ludica, dove dominano divertimento e complicità. I brani musicali sono stati scelti con un criterio induttivo: l’insegnante propone un tema, evoca immagini guidando i partecipanti nell’esecuzione delle singole azioni che vengono poi legate in una sequenza che “scorre” sul tappeto musicale come una coreografia. I partecipanti sono coinvolti su tutti i piani: fisico, emozionale, perfino vocale. Un successo sia da parte degli anziani che degli operatori! Le reazioni alla fine sono state diverse ma tutte positive: divertimento, curiosità, aumento dell’iniziativa motoria e verbale, qualcuno avrebbe voluto continuare e si guardava intorno speranzoso.
In un momento di pausa ho approfittato per chiedere all’insegnante spiegazioni sulla seduta cui avevo appena assistito: “in questo caso – mi ha spiegato - trattandosi di persone di cui non conoscevo le abilità fisiche/psichiche residue ho preferito lavorare in sicurezza, creando una piattaforma molto semplice, alla portata di tutti ma nei nostri corsi abitualmente si utilizza tutto lo spazio muovendosi in ogni direzione, dondolando, rotolandosi sul pavimento; si sperimenta il contatto, visivo e fisico, semplicemente tenendosi per mano, muovendosi in cerchio, abbracciandosi.
Stimoliamo il loro sistema neurologico tramite immagini e musiche, lavoriamo sul ritmo e sulla coordinazione per portarli a fare movimenti che non pensavano di saper eseguire o che avevano dimenticato. Cerchiamo di andare oltre i limiti fisici e fare in modo che tutti possano partecipare, perciò insieme al maestro principale ci sono altri insegnanti di supporto che si muovono tra le persone; attraverso l’osservazione e adeguando le consegne in base ai movimenti dei malati, si propongono elementi che facilitano l’espressione del “movimento nel gruppo”.
Stimoliamo il loro sistema neurologico tramite immagini e musiche, lavoriamo sul ritmo e sulla coordinazione per portarli a fare movimenti che non pensavano di saper eseguire o che avevano dimenticato. Cerchiamo di andare oltre i limiti fisici e fare in modo che tutti possano partecipare, perciò insieme al maestro principale ci sono altri insegnanti di supporto che si muovono tra le persone; attraverso l’osservazione e adeguando le consegne in base ai movimenti dei malati, si propongono elementi che facilitano l’espressione del “movimento nel gruppo”.